La cosa finisce bene dopo essere cominciata male: la
nozione costituzionale cui si rimanda in partenza è infatti di Heinrich
Triepel, dimenticato autore di un’opera già famosa, “Die Hegemonie. Ein Buch
von führenden Staaten”, del ferale 1938. La “guida per gli Stati leader” non
era intesa per Hitler, ma lo stesso vi si delineava e apprezzava il caso della
Germania federata attorno e sotto la
Prussia. Che i più considerano all’origine delle perversione della Germania nel
“secolo tedesco”.
Anche il modo di porre la questione è tipico della
vecchia Germania. Confuso culturalmente, mentre è deciso, chiarissimo, nei
fatti. Un fatto, per esempio, è la manipolazione dello spread a carico dell’Italia nel 2011-2012, che ha richiesto determinazione
e cattiveria. Christoph Schönberger, che la questione qui riassume, è giuspubblicista, professore di Fondazioni Culturali dell’Integrazione all’università di
Costanza, una professione quasi evangelica. “Merkur”, che il saggio ha
pubblicato qualche mese fa in apertura, è la “Rivista tedesca per il pensiero
europeo”, dalla grande editrice Klett-Cotta.
Egemonia naturale
Il fulcro del ragionamento di Triepel, che Schönberger
illustra, è la funzione naturale di guida devoluta allo Stato più potente
all’interno di una federazione. Naturale, cioè imposta dai fatti. Ciò non è
avvenuto per lo Stato federale più longevo e meglio funzionante al mondo, gli
Usa. Ma il caso non è nemmeno citato. Ciò non avviene paradossalmente neanche
nella Germania Federale, che ormai ha una storia di oltre sessant’anni, quasi
più lunga del Reich prussiano, nella quale ha affrontato decisioni difficili,
come la riunificazione e la stessa Ue, senza il bisogno di un’egemonia al suo
interno. Amburgo e Berlino odiano e disprezzano la Baviera, il profondo Sud,
cattolico per di più, che è lo Stato più innovativo e più ricco della Germania
e dell’Europa, ma è tutto, non si va oltre il leghismo, non ci sono precettori
in questa Germania. Anche il “caso
tedesco” è singolarmente ignorato. Di che parliamo dunque?
Questo il discorso di Schönberger. “Tutte le questioni
dell’ordinamento postbellico dell’Europa si ripropongono” ogni giorno. “L’egemonia
tedesca in Europa non è un argomento comodo”. Per gli stessi tedeschi, che “anzi
non mettono a fuco volentieri il problema”. Ma “«jamais y penser, jamais en parler» non è un’opzione”. E “l’egemonia
si fonda su basilari differenziazioni”: Lussemburgo e Malta sono membri della
Ue come la Germania, ma con “significative differenze nelle grandezze relative”.
Le responsabilità sono diverse, e il peso decisionale: “All’interno dell’Unione
Europea si avvicina una ripartizione dei compiti tra Repubblica federale e
Francia quale nella Germania di Bismarck fu il caso della Prussia con la
Baviera”.
La sola soluzione
Detto con chiarezza. “L’egemonia tedesca all’interno
dell’Unione Europea non è da scambiare con un dominio tedesco sull’Europa. Per
un vero e proprio dominio la Repubblica Federale è ancora tropo debole. È un
vecchio dilemma dell’opinione comune tedesca, che la Germania è più forte di
ciascuno dei suoi vicini, ma non abbastanza forte da dominare i suoi vicini
insieme”. L’egemonia come responsabilità politica si pone però ora come si è
posta in passato. Quando l’Ue faceva riferimento alla Francia. Non è più così
dopo la riunificazione tedesca, e la perdita d’importanza della force
de frappe atomica francese dopo il crollo del Muro e la fine della guerra
fredda.
Né c’è altra evoluzione possibile: l’Ue è un “club
di governi”, e non si può pensare a una sua trasformazione in qualcosa d’altro
con l’elezione diretta dei suoi governanti. Se ne otterrebbe comunque un
Parlamento non funzionale, sul tipo del Bundesrat tedesco, il Senato delle
regioni. Ma è “fantascienza istituzionale”. Vecchia: “I vari progetti
istituzionali europei sono perlopiù riproduzioni senza fantasia delle teorie
dello Sato federale dell’Ottocento”.
Non c’è alternativa. “La situazione esistente di
egemonia federativa, se la si intende con intelligenza, apre al membro maggiore
un peso sugli assetti e gli sviluppi come nessun altro esistete disegno
istituzionale. E non è senza ironia che questo nesso sia così poco capito nell’opinione
pubblica tedesca e apprezzato”. Ci sono dei passi preliminari: “la rinuncia all’introversione
nazionale; l’attenta conoscenza, ricognizione e valutazione dei vicini europei;
la definizione dei propri interessi insieme con gli interessi dei partner”. Ma
l’esito è ineludibile: “Se l’Unione Europea non si dissolve, la Repubblica
Federale dovrà assolvere a questo compito in un ambiente più difficile”.
Christof Schönberger, Hegemon wider Willen, “Merkur”, ottobre 2012, online
Nessun commento:
Posta un commento