lunedì 13 maggio 2013

Letture - 137

letterautore

Aliporfuros-Oinopas - L’omerico “mare colore del vino” è questione sempre aperta – insolubile (v. su questo sito, da ultimo, il 17 dicembre 2012)? Se proprio è del vino che si tratta, bisogna ancora vedere. Se è del colore del vino: fosco, cupo, detto del mare (“pontos” in Omero). O se non è dell’aspetto del vino: spumeggiante.
“Oinos” (“oinops”) Omero dice anche dei buoi: “rossicci”, “fulvi”.

Autofinzione – È nuova e vecchia. Quella di Limonov è quella di Henry Miller, tre generazioni prima. Solo più oltraggiosa – ma nel linguaggio non nella cosa (il sesso è l’unica cosa che non “progredisce”).

Ha una data di nascita precisa, metà Ottocento, con l’autobiografia. La parola. La cosa era già nota, sotto forma di confessione, cronaca, memoria, ricordo, storia di una vita, diario, il genere più diffuso - da ultimo diario intimo, meglio al plurale. Meglio ancora con l’autoritratto, che deve essere curato – tagliato, pennellato. È piuttosto l’autoritratto. Che non è esattamente un calco dell’autobiografia
L’autobiografia è genere all’apparenza diverso: è una ricostruzione, e ha finalità storiche o politiche, sia pure dare un’immagine solo complessa, non direttamente adulatoria, di sé. Ma per l’autore l’autofinzione nasce e vive in fondo nello stesso presupposto, per quanto realistica o veritiera si proponga: è una delle forme di protagonismo dell’autore.
Le interviste, per esempio, dialoghi con se stesso, che sono dominanti, specie in tv. Erique Vila-Matas, pur dichiarandosi contrario alle interviste (“le mie interviste sono danaro, perché dovrei darle gratis? Il calzolaio va in giro a regalare le sue scarpe?”), ne dà volentieri. Accrescono il personaggio.
In una di queste Vila-Matas spiega in particolare l’autofinzione: “L’autofinzione è un’autobiografia da guardare con sospetto”. Salvo difenderla: “Perché dovremmo intendere l’autobiografia nel senso classico, come riproduzione esatta dell’io”? Facile, certo, l’io essendo inabbordabile – se non come esercizio dell’io stesso, in egotismo. 

È anche fare i conti “selvaggiamente”, senza possibilità cioè di contestazione o ritorsione, con gli altri, dalla cara mamma di tante scrittrici, ma soprattutto di Thomas Bernhard, al mondo tutto. Thomas Bernhard è quello che l’ha esercitata meglio nei cinque libri dei suoi primi vent’anni, e in molti racconti. È come un’offensiva in campo aperto, senza che comprimari o avversari possano reagire, nemmeno tenere le loro posizioni. Un po’ alla “Memorie di un pazzo”, “Memorie dell’oltretomba”.

Belli – Il Vaticano ne celebra i 150 della morte con i francobolli. La solita bella serie, col sonetto “Er giorno d’er giudizzio”. L’Italia niente. Roma? Nemmeno un convegno, una lapide, una foto gratis sui giornali per il sindaco.

Catene – Con “Tormento” e “Estasi”, la lettura degli anni 1950, con i film omologhi di Yvonne Sanson e Amedeo Nazzari. Tornano i titoli con Philipp Djian,  Vendette”, “Assassini”, “Imperdonabili”. Anche le storie. In décor moderno – setting.

Francia-Italia – Prima, seconda e terza in Francia, nella top ten dei più venduti, le “Sfumature” della signora James. Ma un anno dopo che in Italia. È una rivoluzione del gusto?

Orwell – È tuttora vituperato dal politicamente corretto: spia, provocatore, anarchico (è un ingiuria), Ma, che dire di tutto questo? “Un vero bolscevico, se il partito lo esige, è pronto a credere che il nero è bianco e il bianco è nero”. “Se nella massa degli arresti c’è un 5 per cento di colpevoli, va bene”. “Non bisogna giustiziare soltanto colpevoli, l’esecuzione degli innocenti impressiona di più”. Non è la “Fattoria degli animali”. Gli autori sono, nell’ordine: Piatakov, compagno di Lenin; Stalin; Kirilenko, ministro della Giustizia di Stalin. La satira di Orwell li approssimava per difetto. .

Pasolini - La poesia di Penna Saba diceva materna. Non lo avrebbe detto di Pasolini, aggressivo. La sessualità era per lui maledetta.

Luterano si voleva e corsa. Cioè omologato nella protesta – benché, luterano….Alla pari di ogni altro capetto, sia pure scritturale. L’onestà no?
È prima arcaista: lingua, usi, tradizioni, terra. Poi civile alla Pound, ma senza l’epica (alla Allen Ginsberg): una poesia fatalmente incitatoria. Pittorico mai, che era il suo genio. Come per un rinvio costante, o un rifiuto. Con la psicosi stessa del rifiuto, lui che era amatissimo – rifiuto da cui eccettuava i pochi, quelli del Pci, che sinceramente lo praticavano.

Traduzioni – Le librerie che vendono a metà prezzo i libri in omaggio intonsi pullulano di romanzi. Intere serie delle più rinomate case editrici. Non proprio intere, con numerosi titoli in collana, quasi tutti romanzieri\e tradotti\e. Di cui nessuno sa nulla. Le copie omaggio presumendosi a critici e recensori, sono questi i primi che a non saperne nulla, evidentemente, non avendo avuto la curiosità nemmeno di discellofanare le copertine.
La domanda sorge: perché si pubblicano questi titoli di nessuna vitalità, a un costo di partenza elevato, mentre le stesse case editrici fanno le difficili con romanzieri nazionali che, benché discellofanati, però costerebbero meno, molto meno? Un romanzo tradotto, tra diritti, agenzia, e traduzione, non costa meno di 10 mila euro, in aggiunta ai costi  redazionali e tipografici - 10 mila euro cioè in più di quanto costerebbe un romanzo discellofonato nazionale.
La risposta non c’è. Non è imperizia, poiché il flusso di queste traduzioni inutili è costante nei decenni.  Si dice: sono titoli che gli editori devono comprare en masse per avere un titolo di sicuro successo. Ma perché tradurli, revisionarli, impaginarli, stamparli e distribuirli? Una teoria vuole che ci sia un mercato nero dei diritti, via agenzia. Ma è troppo infame.

letterautore@antiit.eu 

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