Con perfidia presaga, Giorgio Mulé aveva
scaricato già tre settimane fa online, dopo la condanna irrogatagli dalla
giudice Interlandi, cosa aveva detto Messineo interrogato a Milano sulla sua
causa penale per diffamazione. Dall’interrogatorio si arguisce che al Pubblico
ministero “dottoressa Mentasti “ (la dottoressa si chiama Lorena, ma non ha
nome), che evidentemente poi ha chiesto la condanna, la questione non interessa.
Che alla giudice Interlandi interessa poco: ogni tanto si distrae e trova
troppo lungo l’articolo di “Panorama”. Che Messineo conferma che non solo “Panorama”,
ma anche “La Stampa” e “Repubblica” lo avevano trattato male. Ma soprattutto
che il Csm lo aveva già scagionato di tutte le vicende di cui ora gli fa colpa.
Si può cambiare opinione, ma chissà perché il Csm lo ha fatto alla (quasi)
unanimità.
Buona parte dell’interrogatorio, soprattutto quello
dell’avvocato Smuraglia che rappresentava lo stesso Messineo, riguarda la
divisione alla Procura di Palermo fra “caselliani” e “grassiani”. Una faida,
non c’è altra parola. Qualsiasi altro giudice ne sarebbe rimasto impressionato.
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