Emessa
dall’autorità religiosa e non civile, ma valida anche ai fini civili, a Roma e
ovunque il potere civile vi si acconciasse, la bolla “Taxae cancellariae et
poenitentiariae romanae”, del 1477, è un prototipo di condono mafioso. L’unico
che ancora non si è tentato. A fin di bene naturalmente: l’elemosina cancella i
peccati. L’art. 6 perdona la falsa testimonianza in tribunale, dietro versamento
di un obolo. L’art. 10 la subornazione dei giudici, dietro obolo. Eccetera – a differenza
delle successive indulgenze per l’obolo di san Pietro la bolla non suscitò obiezioni.
Nel
1992 avevamo immaginato in “Fuori l’Italia dal Sud”, con doppia copertina di
Alberto Casiraghi, un supplemento: “Il condono mafioso”. Fuori l’Italia per “risolvere
la questione meridionale”. Il condono mafioso per “risolvere la questione
Italia”: “All’inizio era un’immagine: il presidente del consiglio Giulio
Andreotti, avendo aumentato l’aumentabile, tasse, tariffe, ticket, bolli,
multe, senza far quadrare i conti, si affaccia a palazzo Chigi, si toglie la maschera,
e con essa la romana nasalità, e con voce ferma annunzia il condono mafioso. Poi
l’idea è fermentata, grazie anche a occasionali studi sull’economia del
Cinquecento, il secolo italiano per eccellenza, in particolare le tasse
camerali e il credito, e più specialmente la politica del «vessare per esigere»
(ebrei, ladri, nobili, prostitute). Per riempire la casse prosciugate dal
fisco, lo Stato si rivolge ai mafiosi, e in cambio di una cosa che non costa
nulla, la rispettabilità, ritorna anch’esso rispettabile”. Andreotti non c’è
più, ma il resto sì, peggiorato.
Camilleri,
riscoprendo la “bolla di componenda”, sembra dire che anche questo non
funziona, la crisi fiscale dello stato è insanabile. Ma non si sa mai. Erano
anche gli anni, 1992-1993, dello Stato-mafia: qualche approccio c’è stato?
Andrea
Camilleri, La bolla di componenda
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