venerdì 14 giugno 2013

Il condono mafioso

Emessa dall’autorità religiosa e non civile, ma valida anche ai fini civili, a Roma e ovunque il potere civile vi si acconciasse, la bolla “Taxae cancellariae et poenitentiariae romanae”, del 1477, è un prototipo di condono mafioso. L’unico che ancora non si è tentato. A fin di bene naturalmente: l’elemosina cancella i peccati. L’art. 6 perdona la falsa testimonianza in tribunale, dietro versamento di un obolo. L’art. 10 la subornazione dei giudici, dietro obolo. Eccetera – a differenza delle successive indulgenze per l’obolo di san Pietro la bolla non suscitò obiezioni.
Nel 1992 avevamo immaginato in “Fuori l’Italia dal Sud”, con doppia copertina di Alberto Casiraghi, un supplemento: “Il condono mafioso”. Fuori l’Italia per “risolvere la questione meridionale”. Il condono mafioso per “risolvere la questione Italia”: “All’inizio era un’immagine: il presidente del consiglio Giulio Andreotti, avendo aumentato l’aumentabile, tasse, tariffe, ticket, bolli, multe, senza far quadrare i conti, si affaccia a palazzo Chigi, si toglie la maschera, e con essa la romana nasalità, e con voce ferma annunzia il condono mafioso. Poi l’idea è fermentata, grazie anche a occasionali studi sull’economia del Cinquecento, il secolo italiano per eccellenza, in particolare le tasse camerali e il credito, e più specialmente la politica del «vessare per esigere» (ebrei, ladri, nobili, prostitute). Per riempire la casse prosciugate dal fisco, lo Stato si rivolge ai mafiosi, e in cambio di una cosa che non costa nulla, la rispettabilità, ritorna anch’esso rispettabile”. Andreotti non c’è più, ma il resto sì, peggiorato.
Camilleri, riscoprendo la “bolla di componenda”, sembra dire che anche questo non funziona, la crisi fiscale dello stato è insanabile. Ma non si sa mai. Erano anche gli anni, 1992-1993, dello Stato-mafia: qualche approccio c’è stato?
Andrea Camilleri, La bolla di componenda

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