Se
rieletto, il presidente va “azzoppato”. Il termine è improprio, il lame duck è in politica chi, alla scadenza
del mandato e non potendo per un qualsiasi motivo essere rieletto, si permette all’ultimo
momento decisioni impopolari o di potere di cui non pagherà politicamente le
conseguenze. Come un tempo il “gol dello zoppo”: una zampata da chi meno ci se
l’aspettava. Ma è più vero nel senso originario, del gergo di Borsa come lo
definì Horace Walpole nel 1761 scrivendo a Sir Horace Mann: “Sa che cosa sono
un Orso e un Toro e un’Anatra Zoppa”? Per lame
duck intendendosi quello che oggi si chiama il parco buoi, l’investitore
individuale, non coperto da una cordata o un gruppo, e per questo facile preda.
Il presidente americano rieletto, non potendosi
più candidare, è per quattro anni nella posizione del lame duck nel senso proprio della scienza politica: diventa
politicamente irresponsabile, e quindi può prendere decisioni impopolari, o
sciogliere d’autorità nodi controversi. Soprattutto nella politica estera, per
quanto riguarda la questione mediorientale.
È stato il caso di Nixon, dopo che a Kennedy la
rielezione era stata impedita con l’assassinio. Di Reagan con l’affare
Iran-Contra. Di Clinton con Monica Lewinsky. Di Bush jr. con l’atomica
inesistente di Saddam Hussein. E ora di Obama con le intercettazioni – tanto
più per non essere un vero scandalo, non di Obama, non illegale.
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