Si fanno statistiche mondiali, di vari watch,
osservatori, transparency, su questo o quell’aspetto della vita pubblica: la
libertà d’opinione, i diritti civili, le carceri, la corruzione, eccetera. Di
organismi solitamente inglesi (o olandesi, che è la stessa cosa), oppure
americani. Nelle quali l’Italia, per essere la sede della chiesa cattolica,
viene normalmente collocata verso la fine, tra Palau, per dire, e Vanuatu. Gli Usa,
invece, la Gran Bretagna, i paesi più corrotti, normalmente vengono in cima. È
una colpa che bisogna pagare, e pazienza.
Ma come la cosa si concilia, per esempio la libertà
d’espressione e i diritti civili, con la sorveglianza elettronica di ogni atto,
gesto, o detto di ogni cittadino? Basta digitare due volte una parola
sensibile, bomba, o Israele, o Maometto, e gli Usa immediatamente ci fanno
schedare. Da un giovanotto che non ha nemmeno terminato il liceo. E forse è
spia della Cina, ci dicono ora. Ma non lo smentiscono.
Anche per Wikileaks, hanno perseguito chi ha
pubblico i documenti. Ma a che livello di democrazia dobbiamo collocare i vari
socialwatch e transparency international che assolvono gli Usa, le interferenze
Usa in ogni dove nel mondo? O fanno anch’essi parte del sistema di controllo?
Nessun commento:
Posta un commento