Le amanti
non solo ci perseguitano da presso. Anche da lontano. Anche da morte, sono lì,
per sbranarci, tenere e premurose. In ogni certezza, anche quelle della fisica.
E non negli incubi: tornano identiche, ripetitive, al fondo dell’universo, nel
lontano Solaris. Un sistema che ha due soli, uno rosso e uno blu. Sono una
vendetta dello stesso pianeta Solaris, una massa d’acqua vischiosa senza altra
forma di vita che la ritorsione. Bombardato per esperimento ai raggi X, reagisce
con i suoi “x miliardi di plasma metamorfico” facendo rivivere i morti dei vivi.
Non propriamente: fa rivivere le coscienze sporche degli scienziati che lo
esplorano, i loro “incistamenti psichici”. Questa è la storia.
Che cosa si
fa in una stazione planetaria quando non c’è nulla da fare? Non si può fare
nulla. La tensione è assicurata. Avendo eliminato ogni ipotesi alternativa: Che
si tratti cioè di “follia collettiva”, come pare succeda nello spazio, o della
paranoia in una “stazione isolata”. Nelle edizioni finora in uso, traduzioni
dalla traduzione inglese, che era a sua volta una traduzione dalla traduzione
francese, la cosa procedeva scorrevole.
In questa ritraduzione, che Francesco M. Cataluccio ha voluto condotta su una sorta
di edizione critica messa a punto l’anno scorso, più lunga di un terzo, poco
meno di cento pagine, non ci perdiamo nulla. Per rendere omaggio a un’opera che
il curatore vuole non “un romanzetto di fantascienza” ma “una delle più belle,
intelligenti e inquietanti della letteratura del Novecento”. Ben diverso sia
dal film di Tarkovskij nel 1972 sia da quello si Soderbegh nel 2002, con George
Clooney. Ma con qualche danno. La scienza
più che altro è ripetitiva (classificatoria, referenziale).
Ora che il
mondo tornerà acqua, sommerso dalle maree, il “Solaris”originale si potrebbe
sostanziare di profetismo, seppure disfattista. Ma Lem, esperto di
intelligenza artificiale e professore di cibernetica, qui è all’ottimismo
tecnologico – non ancora allo “scetticismo filosofico” e meno che meno al “grottesco”
che Cataluccio assicura sue evoluzione posteriori. È perfino troppo profondo. È profondista vecchia maniera. Si tratta, niente
di meno, che del rapporto tra la materia e lo spirito. E non si sa come
prenderlo, se si arriva fino in fondo, questa Solaristica somiglia alla
Scolastica. Anche se la domanda di verità qui viene dalla scienza piatta, a due
dimensioni (scientifico = vero) - “L’uomo era andato incontro ad altri mondi e
ad altre civiltà senza conoscere fino in fondo i propri anfratti, i propri
vicoli ciechi, le proprie voragini e le proprie nere porte sbarrate”. Problemi
ponendo senza fine – non tutto naturalmente marcia con la scienza piatta - di
non poco conto. I soliti: l’universo, la materia, l’io, cosa c’è sotto,
eccetera. Solaris, l’altro mondo, è un “oceano pensante”, un “yogi cosmico”,
anch’esso dedito “a un’interminabile attività di trasformazioni,
all’«autometamordfosi ontologica»”, e anch’esso “ottuso”. L’oceano siamo noi
stessi sotto la scorza dell’esperienza – “si tratta solo della nostra mostruosa
bruttezza, della nostra follia, e della nostra vergogna ingrandite al
microscopio” (p. 109).
Lem non ne
ha colpa, forse: ha vissuto nel socialismo reale tutta la vita attiva (è morto
nel 2005), “Solaris” è uscito nel 1961 per la casa editrice del ministero
polacco della Difesa, ma se ne è tenuto lontano, assicura Cataluccio. Salvo
essere denunciato da Philip K. Dick come”capo di una congiura comunista”. Non
per scherzo, denunciato veramente, all’Fbi o a qualcosa del genere. Una vicenda che dà ragione a “Solaris”, quante
pieghe abbiamo nel cervello. Ma è perfino tropo bello per essere vero - accertato che non si tratta di follia o
paranoia.
Stanisław Lem,
Solaris, Sellerio, pp. 319 € 14
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