La solitudine di Obama a Berlino, lasciato solo
dal governo tedesco, irriso o criticato dai giornali, viene letta come un segno
della decadenza degli Usa. È un tema ricorrente in Italia, dove il sovietismo
non è morto, e finora sempre infondato. Ma in questo caso doppiato dalla palese
influenza che la grandeur tedesca di
Angela Merkel proietta sull’Italietta.
La solitudine di Obama a Berlino è invece il segno
della Germania über alles. Avida
come sempre, senza il senso del limite, e irriconoscente. E, bisogna dire, per
questo anche sempre esplicita: la Germania, purtroppo, sa solo essere piena di
sé e prepotente. Si veda per esempio la Cina: Pechino, che viene da un’altra
cultura politica, sa che non può marciare se non in linea con gli Usa, i
tedeschi no, lo “Spiegel” e la “Süddeutsche Zeitung” da una parte, la “Bild” e “Die
Welt” dall’altra, sinistra e destra unite nel giudizio, vedono la Germania
comoda padrone della Cina, con la
Volkswagen, la Siemens e, chissà, la Miele. Non
sanno cioè quanto è grande la cina, né che la Cina si può fermare da un
momento all’atro, per la crisi politica, per la crisi sociale – questo sito
immaginava una Cina bloccata dall’automobile per tutti.
C’è poco da fidarsi della Germana, insomma.
Mentre c’è da sperare negli Usa, tanto più dopo lo snob tedesco. La solitudine di
Obama è un varco che apre un’altra possibilità, questa consistente, di
riportare l’Unione Europea ai suoi valori fondativi. Di riportare l’Europa alla
federazione tra uguali e di uguali opportunità per tutti, invece della
jugulazione subita a opera della Germania da un quinquennio – specialmente dura
per l’Italia negli ultimi tre anni, di depressione economica senza precedenti.
L’Italia ha tutto l’interesse a sviluppare il
negoziato per la zona atlantica di libero scambio. E a riportare gli Usa in
qualche modo nel gioco politico europeo. I fili da tessere non mancano: la stabilizzazione
del Mediterraneo e del mercato petrolifero, i rapporti con la Russia, la zona
stessa di libero scambio.
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