C’è tutto
quello che ci vuole, in questo primo pezzo della “nuova” trilogia sessuale. In
più è nazionale. Ha Venezia come sfondo. E un prezzo onesto, giusto per la
carta, la colla, il distributore. Ha pure colori vivaci, attorno al melograno,
invece che bigi. Gli ingredienti sono giusti insomma. Lui è cuoco gourmet, più in di così – il secondo pezzo s’intitola “Io ti sento”, il terzo
sarà “Io ti gusto?” Irene non è pseudonima. I riempitivi non sono tediosi, non
sempre. È pure conciliante, senza brutalità, masochismi, sadismi: di un maestro
che insegna il piacere. Ma arranca in classifica - dietro l’“altra” trilogia,
per colmo, seppure vecchia di un anno.
Non decolla
nemmeno nella sociologia della letteratura settimanalistica. Ci sarà un motivo.
Il sesso dev’essere allogeno, di fuorivia? Succedeva all’Est, che in Polonia le
donne erano ungheresi, e in Ungheria rumene. Ma allora sarebbe un caso di
persistenza sovietica, del socialismo reale. O il marketing Rizzoli è inferiore
a quello Mondadori? Ma dovremmo dare ragione sempre a Berlusconi. Eco non ci
illumina, D’Orrico nemmeno, che pure fanno parte della stessa squadra. L’autrice-tentatrice
è giovane e appetente, ma non sarà caduta nella tebaide? Tutti monaci,
castrati, in questa Italia dopo Monti ambrosiana? La trilogia veramente nuova
non dovrà essere delle beghine?
Irene Cao, Io ti guardo, Rizzoli, pp. 351 € 5
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