Un piccolo trattato della parità dei
sessi. Contro lo stereotipo, di origine classica, della donna fragile, umorale,
cosmetica. O lo stereotipo rovesciato delle folli tragiche. Senza militantismo,
pro o contro, e senza rovesciamento dei fronti: non la guerra dei sessi ma una visione simbiotica. Oggi per questo
trascurato, ebbe grande fortuna in tutto il Rinascimento, da Baldessar
Castiglione a Montaigne, e nella querelle
delle saccenti alla corte di Francia nel Seicento.
Il catalogo delle buone donne non è nuovo.
C’è in Omero, che ne fa passare le ombre in rivista a Ulisse, al canto XI
della “Odissea”, vv. 225-330. Ma questo è moderno, anzi contemporaneo. Ventisette
ritratti di società femminili o di eroine, normali: razionali, coraggiose,
padrone delle emozioni. Senza l’agiografia: Plutarco è narratore esperto,
sa intrattenere con punti di vista, stratagemmi, tipologie, stati civili
(alcune donne sono “barbare”, una è prostituta). L’aneddoto è ricorrente, che
durerà fino a Caterina Sforza sugli spalti di Imola assediata da papa Giulio
II, delle gonne alzate, per ricacciare i vigliacchi (“non potrai rientrare
qui”) e sfidare i cattivi (“ce n’è sempre un altro”), ma senza scurrilità
naturalmente. Tutto naturale in
Plutarco, cioè misurato.
Plutarco, Virtù delle donne, Il Melangolo, pp. 87 € 9
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