È
il discorso che la filosofa ha tenuto l’anno scorso al ricevimento del premio
Adorno. Molto impegnata contro la politica israeliana nei territori occupati,
la filosofa femminista si pone il problema della giustizia e della libertà nel
sistema generale liberista nel quale tutti viviamo, e in quello israeliano
della violenza di Stato sui palestinesi. Rifacendosi a Adorno.
All’Adorno
del quesito di “Minima moralia”: “Non si dà vita vera nella falsa”. Vita? Vera?
E buona? Detto così, sembra un groviglio più che un problema. La “vita buona” è
un postulato aristotelico, in una concezione della morale legata all’agire
individuale. Adorno, “Problemi di filosofia morale”, lo pone in modo
diverso, ma lo risolve anche lui: “La condotta etica, o la condotta morale o
immorale, è sempre un fenomeno sociale”. E in conclusione: “Tutto ciò che
possiamo chiamare morale si mescola oggi alla questione dell’organizzazione del
mondo. Potremmo addirittura dire che la ricerca della vita buona corrisponde alla
ricerca della giusta forma della politica”.
L’ottica
messianica, nella quale la stessa Butler si pone, si risolve praticamente: si
danno politiche brutte, e bruttissime, e politiche possibili. Meno mercato e
qualche diritto per i palestinesi.
Judith
Butler, A chi spetta una buona vita?,
Nottetempo, pp. 80 € 7
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