Gli
squallori di Simenon non sono niente al confronto. E non solo perché Banville,
“Benjamin Black”, scrive tre volte più lungo – ma si legge con la stessa
avidità, senza saltare (per un gran numero di lettori, evidentemente, se si
riedita in economica). Qui a metà col giallo alla Chandler, di ambienti ricchi
e riservati, ma la cadenza è sempre
quella dei vinti - il tavolo anatomico di Simenon. Banville è anche scrittore
di altre ambizioni, specialista del non detto (le famiglie, gli amori, le
attese deluse), con una vena ansiogena, dell’indistinto, come cifra della vita.
Un narratore “all’italiana”, neorealista, grigio dall’inizio alla fine. Seppure
con qualche artificio in più, sparizioni, agnizioni, e traffici inimmaginabili,
a fin di bene, oltre che con assassini al di sopra di ogni sospetto, e ladri di
bambini.
Il
metafisico di Simenon Banville lega come il neorealismo a una realtà precisa, qui
tra Dublino e Boston. Tra irlandesi, cattolici: sarà il neo realismo una cifra
cattolica? È solo in ambito cattolico
che il povero si mescola al ricco. Anche l’anticlericalismo è cattolico,
virulento – qui si parla male delle monache, figurarsi.
John
Banville, Dove è sempre notte,
Guanda, pp. 367 € 9,50
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