L’Alitalia ha
rischiato di essere salvata. In vari modi e momenti. In previsione del
fallimento definitivo dell’azienda dopo l’estate, si moltiplicano le memorie e
i capi d’accusa. A Edoardo Borriello, specialista decano del settore, da
Airnews, l’agenzia specializzata, e da “Repubblica”, basta raccogliere gli articoli
che via via ha pubblicato su questa tragedia voluta per dire le cose come
stanno.
Uno dei progetti
abortiti, non eversivo se si guarda con l’occhio del dopo, fu quello di Roberto
Schisano nel 1994-95. Un manager proveniente dalla Texas Instruments – subito ribattezzato il Texano - di cui aveva fatto un grande operatore europeo
grazie allo stabilimento abruzzese. Nominato a capo dell’Alitalia nel febbraio
del 1994, su indicazione di Romano Prodi allora presidente dell’Iri, Schisano progettò uno snellimento di molte
funzioni pletoriche, tra esse le prenotazioni,
e un progressivo “ritorno al mercato” del contratto superprivilegiato dei piloti.
Il 19 ottobre 1995 era già fuori dell’azienda, dopo appena un anno e mezzo. In
estate avevano scioperato i piloti, in autunno il personale di terra.
Una storia
che non rivela nulla più di quanto si sapesse, ma con una morale stringente che
è utile non trascurare. Schisano era allontanato dall’Iri, che già da mesi insisteva
per le sue dimissioni. Dall’azionista pubblico, cioè, che lo aveva nominato.
Nella persona di Michele Tedeschi, diligente esecutore succeduto intanto a
Prodi. Ma non è questo il punto. Il punto è – Borriello non lo dice ma lo
mostra - il ruolo distruttivo del sindacato. Sia pure autonomo, sia pure quasi
personale (è il caso oggi del personale del Colosseo, non più di una trentina
di uscieri). Specie nelle ristrutturazioni, in cui la prassi e la legge ne
fanno un partner obbligato.
Edoardo Borriello,
Il texano e l’Alitalia, Airnews
International, pp. 191 € 10
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