Boccaccio – È napoletano tanto quanto, dopo l’incontro col Petrarca, nel 1350-1351, è classicista, latineggiante e perfino grecizzante. Fiorentino (ma più esattamente toscano) d’anagrafe.
Per tre anni, tra il 1360 e il 1362, mantenne a Firenze, in casa,
con uno stipendio, e una cattedra di greco all’università, il bizzoso monaco
greco calabrese Leonzio Pilato, che Petrarca aveva incaricato di tradurre
l’“Iliade” e l’“Odissea” in volgare. Riuscendo, malgrado tutto, a imparare il
greco, a quarant’anni.
Nel “Decameron” è senz’altro
più napoletano che toscano – la tradizione toscana semmai rimpolpa di neologismi,
e di nuove costruzioni. Sapido e cortese – Napoli, non si crederà, fu cortese,
alla corte angioina dell’epoca senza rivali in fatto di “cortesia”, nobiltà
d’animo e di pensiero cioè. Nelle lettere Boccaccio
vede Napoli “lieta, pacifica, abbondevole, magnifica”, Firenze “triste, grigia
e noiosa”. Oberata, per di più, da gente superba e avara, che “bada solo a se
stessa”.
.
Critica – È comunitaria. Emanazione delle scuole di scritture. E si
esercita sulle scuole di scrittura, seppure nominativamente, per libro
pubblicato e per autore.
A opera dei docenti, che regolarmente
censiscono le tante novità altrimenti non censibili, che loro stessi hanno
presentato e fatto editare – spesso incrociandosi: io critico il tuo, tu
critichi il mio, sempre per qualche motivo favorevolmente, in questo
l’ingegnosità c’è. A opera anche dei primi laureati.
È una comunità di ex allievi.
Dello stesso istituto. E della stessa congregazione.
Dante - È stato il primo e resta il più acceso anticlericale. Quello che
ha messo più fieno in cascina per l’anticlericalismo laico, che regolarmente ne
riprende gli argomenti, giacobino, massonico, esoterico, ateo. Ma è senza
dubbio il più grande spirito religioso di cui resti traccia nelle lettere. Per
sentimento e per dottrina.
Se Asìn Palcios lo voleva
islamico, un secolo fa o poco meno, Maria Soresina lo vuole induista. Lo voleva
nel 2002, quando pubblicò il suo primo libro da dantista, “Dante tra induismo
ed eresie medievali.”. Ora lo vuole esoterista, affiancandogli, nella procedure
del viaggio, “Il Flauto magico” di Schikaneder e Mozart, il cammino verso
l’illuminazione. Non massonico come nel’opera in musica, ma in ambito cristiano
eretico. Fondamentalmente càtaro, giusto l’opera intermedia della stessa
studiosa, “Il catarismo nella «Commedia» di Dante”. Un poeta di troppa cultura
o di troppe esperienze? Poiché se ne conosce la vita, la prima è l’ipotesi
giusta. Ma di “troppa” cultura se si resta alla vulgata del Medio Evo come epoca
dell’incultura.
Diritti – Si moltiplicano le edizioni a mano a mano
che scadono i diritti, con le morti a Auschwitz. L’anno scorso, quest’anno, l’anno prossimo.
Dolorismo – Molto diffuso applicato ai bambini, da
Susanna Tamaro a Ammanniti, Giordano e Giovanni Greco.
Giallo – Il meccanismo del “giallo europeo”, posto che in Europa la legge
non consente indagini penali fuori dalle istituzioni, Camilleri sintetizza come
un ragionamento che di tanto in tanto viene toccato dalla grazia di
un’intuizione”.
I primi giallisti italiani,
rileva Camilleri, erano commediografi. Il teatro è più veloce e sintetico.
Lettura - È fatica. È svago ma è comunque applicazione costante. Merita
per questo di essere premiata.
Pirandello – Il teatro nel teatro è anticipato da
Poe, da Potocki. Anche da Shakespeare naturalmente. Dall’Ariosto.
Saviano - Saviano è published by arrangement with Roberto Santachiara Agenzia
Letteraria. È anche scritto by arrangement? I suoi libri hanno un
singolare sapore di opera a più mani.
Seriale – C’è la
scrittura, e c’è il lettore seriela. Che legge tutto di uno scrittore. Anche
gli scritti più irrilevanti, tipo la nota della spesa. Come un collezionista.
Per una forma di fedeltà, fino all’immedesimazione. La scrittura è una forma di
divismo, attrae e immedesima. È carisma prima che critica.
Sherlock Holmes – Al contrario
di Dio, non è mai stato donna. Watson invece sì. Nella famosa comunicazione di
Rex Stout ai Baker Street Irregulars, nel pieno della guerra contro Hitler,
anzi a Londra sotto le bombe di Hitler.
Rex
Stout ci arrivò, disse, per analogia col cane nella notte: “Il fatto singolare
del cane nella notte è, come sappiamo, che non abbaiò; e il fatto singolare su
Holmes nella notte è che non va mai a letto”. È perché ha la dentiera, si
chiede Stout? O perché Watson ha la parrucca? “È possibile”, si risponde, “ma
troppo ovvio, e comunque non è sinistro”. Il fatto è che si evita la scena
madre, per essere Watson donna.
Non
può essere che donna, argomenta Stout, sulla base di sette tracce, di cui
quattro nel primo libro delle sacre scritture, “Uno studio in rosso”, e di due
conclusioni. A p. 9 “lui ha già fatto colazione ed è uscito prima che io mi
alzassi”. Nella stessa pagina, Watson cerca di “penetrarne la reticenza”. Due
pagine dopo si commuove perché “su mia richiesta mi ha suonato al violino
alcuni dei Lieder di Mendelssohn”. Nella
pagina seguente, è Watson che parla, “mi
alzai un po’ prima del solito, e trovai che Sherlock Holmes non aveva ancora
finito la colazione, il mio coperto non era stato apparecchiato né il mio caffè
preparato”. Chi se non una donna può parlare così, conclude Stout. Non sappiano
se moglie o amante ma - è la seconda conclusione - “questo rafforza la nostra
speranza che Holmes non abbia vissuto tutti quegli anni nel peccato”, giacché è
stato fedele per oltre un quarto di secolo.
Le
altre tracce sono due svenimenti di Watson alla vista di Sherlock Holmes dopo
una certa assenza. “Il più vecchio cliché uxorio del mondo”, dice Stout, “«sono
una delle più infelici mortali!» lo usava già Eschilo”. Il secondo svenimento
segue la sparizione e riapparizione, dopo tre anni, di Holmes senza motivo e
senza giustificazione, se non aggrovigliati ragionamenti “sotto il livello d’un
scemo di paese”.
Attraverso
una laboriosa indagine numerologica, operata sulle 60 opere del canone, Rex
Stout poi individua il nome di Watson: è Irene. Come Irene Adler, l’unica vera
donna di tutta l’opera.
Il cane nella notte è in “L’avventura del
barbaglio argento”, 1892:
“C’è nessun altro punto su cui vorreste
attirare la mia attenzione?”
“Il mezzo incidente del cane nella notte”.
“Il cane non fece nulla nella notte”.
“È quello il curioso incidente”, rimarcò Sherlock
Holmes.
È
un po’ queer, questo sì, anzi non
poco, seppure non una drag queen. O
lo è Watson? La coppia insomma è gay, senza dubbi. Basta rileggere le sette
stesse tracce di Rex Stout e le due conclusioni, senza il linguaggio oggi
superato di Stout- dal femminismo e non solo.
Però
è vero che Watson, cioè Conan Doyle, scrive le avventure di Sherlock Holmes con
occhio femminile. Non sempre, ma soprattutto.
letterautore@antiit.eu
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