Giustizia – È mediatica e spettacolare, scenografica anche (colori, processioni, sorpresa, segreto). Intesa a produrre scandalo, cioè meraviglia, più che il riconoscimento del diritto.
Si dice
e si vuole politica, ma allora si ribassa a produrre investimenti pubblicitari
grazie alle audiences (lettori,
spettatori) degli scandali che essa promuove.
È
castale. Il giudice figlio di giudice, nipote di giudice. Gli ermellini, le
eccellenze, le retribuzioni a livello dei parlamentari senza il sospetto di
abusi. Montesquieu, cui si deve l’onnipotenza della magistratura nella teoria dei tre poteri, non
la voleva legibus soluta, ha anzi più
rfacconti ridicoli e sprezzanti degli arbitrii della noblesse de robe, l’occupazione degli uffici pubblici, ereditaria.
Il
palazzo della Cassazione a Roma, imponente di suo, con le vittorie alate ai
quattro frontoni, è stato accresciuto con la chiusure di due strade a uso garage,
e della grande piazza Cavour come giardino dello stesso: esprime un senso di potenza
ineguagliato a Roma, in confronto allo stesso Quirinale, nonché a palazzo Chigi
e a Montecitorio.
Si può
dire la sola casta italiana a tutti gli effetti. E la sola che va esente dalle
critiche, nei giornali e nell’editoria. Non per caso: governa l’opinione, col
morso stretto dell’arbitrio.
Sono i
giudici i soli sacerdoti residui. I preti sudano, si sporcano, faticano.
Mantengono i poveri, sempre molti, aiutano le famiglie in difficoltà, con
difficoltà, i ragazzi all’oratorio e al doposcuola, il sabato anche la mattina,
puliscono e ordinano, accudiscono gli immigrati, sono i soli che lo fanno, i
drogati, i senzatetto, raccolgono e distribuiscono cibo e vestiario. Per
indossare i paramenti a amministrare
sacramenti devono farsi prima la doccia, e sempre sono affannati. I
giudici lavorano un giorno la settimana, sono amabili conversatori,
intrattengono amicizie, hanno portieri e uscieri, segretari, cancellieri, molti
hanno l’autista e la scorta, guadagnano quanto un parlamentare, e non ne sono
giudicati. Il modo come gestiscono nutrite e variate polizie giudiziarie è ottocentesco, da commedia ottocentesca.
“L’attivismo
giudiziario è un abuso di potere e distrugge la pretese dei magistrati di essere
il legittimo arbitro finale del significato della legge”. Antonin Scalia
(intervista a Paolo Valentino, sul “Corriere della sera” del 27 maggio) è un
giudice conservatore, ma è da 26 anni giudice della Corte Suprema americana cui
nessun torto viene addebitato.
Guerra dei filosofi – Ripete in tutto, da una
parte e dall’altra, il modello che si propone di demolire, il populismo. Di cui
non tenta nemmeno una definizione, se non quella del berlusconismo. Nella
specie, sembra di capire, della mediatizzazione, o videocrazia. Cioè del reale
tv, fatto di telegenia e ragionamento corto, semplificato. Entrambi i fronti i
propongono di vincere così, con la frase breve e l’appeal. Curiosamente avulsi dalla storia (realtà), cui invece il
loro comune nemico è evidentemente sensibile, poiché ne sa più di loro.
Internet - È un mondo che la scienza
della comunicazione non ha penetrato. La comunicazione è un’arte, che oggi si
professa complessa e costosa scienza. Il che è più realistico: è un’arte che
s’impone, prevarica la realtà che dovrebbe interpretare, la modella, la fa – la
scienza sempre più fa il suo oggetto, l’elemento che dovrebbe decifrare.
Il modello naturale, o classico, dell’osservazione scientifica ha lasciato il
campo all’interpretazione, all’ipotesi che afferma. Lo stesso la invasiva
scienza della comunicazione, che dovrebbe sapere come meglio vendere con la
pubblicità, tende come la Rete ad allargarsi piuttosto che a sistematizzare. Si
possono per questo dire entrambe realtà allo stato nascente. La scienza è
sempre in difficoltà sull’evento che deve studiare.
È il dilagare della sindrome mcluhaniana
dell’Occidente de “il mezzo è il messaggio”. Che non è una verità ma una
dipendenza. Come di chi fosse arrivato al burrone, e invece di ritrarsi o di
saltarlo, vi sprofondasse, anche con piacere e senso di dominio. È causa ed
effetto di un modo d’essere. Che privilegia la tecnica in assenza di “dio”, di
una fede che non sia solo il progresso tecnico, la tecnica. Comparatisticamente
ciò è evidente al confronto con la ricezione di Internet negli altri mondi. In
Asia è solo uno strumento, come è proprio della tecnica, duttile, aggressivo, o
in Israele, tra gli arabi, in Africa.
Realismo – È marxista? Ferraris
non ci ha (ancora?) pensato, ma è al marxismo che si richiama. Al primo marxismo,
quello dei “Manoscritti”. Nella “Tesi n. 1 su Ludwig Feuerbach” si ritrova un’informazione
capitale data da Marx: la mancanza più grande del materialismo finora è stata la
dimenticanza sistematica dell’attività pratica. Non si deve interpretare questo
come una nuova filosofia della prassi. Marx non fa intervenire una nuova
nozione filosofica. Allude a “una realtà che possiede questa particolarità di
essere allo stesso tempo presupposta da ogni discorso filosofico tradizionale, e
di non essere per natura esclusa in alcuno”. E. “Quest'irruzione della pratica
nella tradizione filosofica […] costituisce in principio una critica radicale
della forma di esistenza classica della filosofia”. Oppure, l’irruzione della
pratica è la denuncia di questa pretesa della filosofia di abbracciare il
Tutto, di non avere qualcosa “di fuori”. Questo “di fuori” che la filosofia
vuol dare l’illusione di sottomettere alla verità è la prassi. La prassi non
produce la Verità, ma le verità.
La cosa non va col trend. Però, siccome c’è ancora una nicchia di combattenti perduti
nella giungla, una rinascenza marxista non sarebbe da buttare.
zeulig@antiit.eu
Nessun commento:
Posta un commento