Obama è sotto accusa per uno spionaggio legale
per essere inscalfibile alle donne. Non si sa allora se non è meglio uno
scandalo di donne.
È quando non c’è nulla di meglio, infatti, che
si fa ricorso alle donne. Quando non c’è un vero capo d’accusa, cioè, che
colpisca l’avversario legalmente più che nell’opinione. Negli Usa è avvenuto
con Clinton: appena rieletto a fine 1992 (non prima) una serie di relazioni
improprie, in costanza di matrimonio, con donne di più o meno facili costumi fu
fatta emergere: Gennifer Flowers, Paula Jones, Kathleen Willey, Juanita
Broaddrick, Elizabeth Ward Gracen, Monica Lewinsky. L’altro presidente giovane
prima di Clinton, Kennedy, aveva avuto relazioni facili, sempre in costanza di
matrimonio, ma gli erano state perdonate – contro di lui si procedette per vie
spicce. Successivamente, riscontratane l’incidenza facile sull’opinione, lo
scandalo sessuale è stato applicato con larghezza e in anticipo ai concorrenti
elettorali, e perfino nelle camarille tra i generali.
Il procedimento si può dire ora uno standard americano
– Berlusconi pagherà se non altro questa colpa, da “amerikano” convinto, di non
avere imparato questa lezione elementare. Se non si trova traccia, almeno un profumo,
di corruzione, concussione, favoritismi, finanziamento illecito, evasione
fiscale o contributiva (basta una baby sitter non regolarizzata), si ricorre
alla donne. Se ne trovano sempre, di amanti reali, seppure di una notte come
per Clinton, o immaginarie. Ma sempre fantasiose, come le prostitute si
immagina che siano: del lo dico e lo nego, le allusioni, il ricattino,
l’esibizionismo.
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