Spartirsi l’impero di Berlusconi: è tutto il senso della violenta offensiva di Milano. Le giudici (forse) non lo sanno, ma è in questo disegno che funzionano. A opera di una Procura che non fa mistero dei suoi legami con il capitale milanese raccolto attorno al “Corriere della sera”: Bazoli, Elkann e gli interessi locali che ancora si rappresentano in Mediobanca. Con contorno di piccoli e grandi pescecani in cerca di polpa, da Cairo a Della Valle e De Benedetti.
Il voto naturalmente fa gola a tutti. Anche al Pd, in questa attuale fase neo guelfa, renziana, oltre che ai dc tradizionali, Casini e Monti. Ma è alle televisioni, le case editrici e le assicurazioni, tutte ben gestite, redditizie e “valorizzabili” che Milano punta per via giudiziaria. E anzi già pregusta il momento in cui ne farà scempio, liste di riassetti circolano, “questo a me, questo a te”.
Farne scempio è la parola giusta. Perché le stesse tv e le stesse case editrici la Milano virtuosa aveva portato al fallimento. E nell’editoria, giornalistica e libraria, tuttora annaspa, con crisi, licenziamenti e svendite a ripetizione - e aumenti di capitale fittizi. Se Retequattro, Italia 1, Mondadori e Einaudi prosperano si deve a Berlusconi: erano fallite e Berlusconi le ha rilanciate. Dopo avere indennizzato abbondantemente le vecchie proprietà, incapaci o ladre dei beni aziendali, con 200 miliardi a Rusconi e 200 a Mondadori, che con l’investimento nella tv, sotto la gestione Formenton, aveva rischiato il fallimento.
La vecchia-nuova Dc in difesa
La colpa di Berlusconi, per la quale lo si vorrebbe ineleggibile, sono le frequenze tv. La storia delle tv private nasce con l’appropriazione di fatto delle frequenze. A partire dal 1975, quando per primo Angelo Rizzoli ci tentò, da Malta. Poi se le appropriarono tutti, Berlusconi (il futuro Canale 5), Rusconi (Italia 1), Mondadori-L’Espresso (Retequattro), e altri. Anche se solo a Berlusconi ne è stata fatta colpa - e a Craxi che lo avrebbe favorito.
In realtà, più che da Craxi, Berlusconi fu favorito dalla Dc, via Gianni Letta. Un precedente che spiega il suo entusiasmo oggi per le larghe intese e per la parte del Pd – Enrico letta – che le rappresentano. E che potrebbe ritardare ora, all’ultima stoccata, l’assalto si suoi beni, se non farlo fallire. Berlusconi fu favorito da De Mita inizialmente, prima che l’uomo politico irpino, il “magno greco” dell’avvocato Agnelli, diventasse la bandiera di Scalfari e De Benedetti. Poi da Andreotti: celebre la mossa di Andreotti che, quando De Mita fece dimettere i “suoi” cinque ministri in opposizione a Berlusconi sulla questione delle frequenze tv, li sostituì. Poi Berlusconi vinse due referendum abolizionisti.
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