Joyce romano? Lui avrebbe voluto, ma non ci riuscì. Lettore dell’“Avanti!” e dell’“Asino” nella Roma del cardinal Rampolla, assediato dall’affittacamere di via Frattina, signora Dufour, impiegato alla banca Nast-Kolb & Schumacher di via San Claudio, e ripetitore d’inglese in lezioni private, passò a Roma sei mesi, dal 31 luglio 1906 al 7 marzo 1907, venendo da Trieste dove ritornerà. Mai contento, anche se la politica e le rovine lo appassionano. Il piccolo Giorgio ha problemi di salute, Nora è incinta di Lucia, la conversazione è fiacca, slabbrata.
Che c’entra Dublino? Il rifiuto è ugualmente netto, dopo un’adesione incondizionata. Melchiori, già curatore del Joyce “italiano”, ritraccia Dublino, in questo Joyce romano scritto in inglese, nella capitale della cristianità – “The genesis of Ulysses” è il sottotiolo. L’idea non è nuova di un luogo che è (anche) un altro, ma questa ha filo da tessere.
Giorgio Melchiori, Joyce in Rome
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