Corruzione – È
ineliminabile dalla democrazia? Il voto di scambio, s’intende, la corruzione
elettorale. Bobbio propende per il sì: non lo dice apertamente ma in più di uno
scritto assimila la democrazia a “un grande e libero mercato in cui la merce
principale è il voto”. In questa forma lo dice presentando nel 1983 la
riedizione degli scritti di Gaetano Mosca, al punto in cui lo studioso delle élites critica il malcostume del voto di
scambio, della compravendita del voto. Ma non c’è esempio di democrazia esente
dalla corruzione. Cesare, spiega Luciano Canfora nella sua biografia,
s’indebitò tanto, per farsi eleggere, che in caso di sconfitta sarebbe andato
in bancarotta - Brecht ci ha scritto sopra un romanzo storico, “Gli affari del
signor Giulio Cesare”. Ma senza scandalo, era la prassi a Roma già al tempo
d’oro della repubblica. Sallustio, Tito Livio, Plutarco non si ricordano quando
il voto di scambio è cominciato.
All’opposto
si può mettere Grillo e il suo movimento: i loro sono voti liberi, liberissimi.
E tuttavia inconcludenti, improduttivi.
Nel
mezzo si può mettere la “questione morale”. Dei giornali e dei giudici che con
costanza, da almeno venti-venticinque anni, colpiscono il voto di scambio. Ma è
essa stessa troppo spesso una forma di corruttela, e in questo caso la più
grave, quando discrimina.
Negli
Usa il finanziamento delle campagne elettorali è detraibile dalle tasse. È
quindi doppiamente pubblico. Ma è una forma d’investimento in lobbying, col
crisma della legalità. Oppure, nelle altre democrazie, dove le spese sono
pubbliche, sono i controlli oggetto di mercimonio. Inclusi quelli giudiziari.
Destra-sinistra – Non c’è
ambivalenza nell’ambivalenza: è piuttosto un moto destrorso a camuffarsi a
sinistra. Non ci sono “comunisti” che si vogliono “fascisti”, mentre ci sono
fascisti che diventano colonne della sinistra. Di Pietro per esempio,
Travaglio, D’Avanzo. Dei partiti, dei giornali, e dei tanti, troppi, talkshow
della sinistra. Cui impongono tattiche e tematiche fasciste. Di cui
l’incitazione costante alla “guerra civile”, tipica degli sconfitti della
storia, è la più importante. Condita dalle vecchie soffiate delle questure,
oggi chiamate gossip o indiscrezioni, e gonfiate dalle intercettazioni libere
(le intercettazioni sono libere, i giudici ci mettono il cappello), per le
quali invariabilmente tutti “rubbeno” e tutti “se ‘mproseno”. Roba da
confidenti, o spie.
Si
dice che questa roba vende, ma non è vero: venti pagine di soffiate non le
regge più nessuno, e infatti vendite e ascolti non tirano.
Volendo
razionalizzare, si può dire una destra che camuffa – che viene utilizzata per
camuffare - i veri problemi, del mercato, del capitale, dello sfruttamento,
delle disparità, sotto falsi problemi.
Ma è odio puro: il tormentone di “Repubblica” sulla vita privata di Berlusconi,
copyright di D’Avanzo, peraltro il più onesto di questi transfughi, era solo
uno squallido incitamento all’odio.Le domande a Berlsuconi
Islam - La
moschea è luogo di preghiera ma anche piazza, foro: istruzione, formazione,
informazione, controllo sociale stretto.
È la religione più aperta al terrorismo, da sempre. Dal Vecchio della
Montagna e i suoi hashishin. Da qui
la patente d’intolleranza. Ma la radicalizzazione deriva dall’assenza di guida,
di una gerarchia sacerdotale.
Sembravano storie inventate dalla Cia per screditare gli arabi, ma “Al
Jazira” le ha documentate: le decapitazioni e tutto il resto. Nel video più
celebre il boia è un ragazzo di dodici anni, ma potrebbe averne meno, che con
un coltello più lungo del suo braccio sgozza il condannato.
Anche della celebre lotta fra cristiani e mussulmani, non ci sono
precedenti, non che si ricordino, di cristiani che abbiano martirizzato gli
islamici mentre pregavano nelle moschee, o abbiano rapito, sgozzato e buttato
ai porci mullah e ayatollah.
Isolato dall’Europa, nella sua chiusura su se stessa. C’erano contatti
e scambi con Parigi e Londra, per molti aspetti decisivi, e con Roma. Solo
l’Italia ancora coltiva qualche rapporto, per il resto il Nord Africa e il
medio Oriente rimane solo con se stesso, e con gli Usa. Che si tratti del
terrorismo in Algeria, della modernizzazione del Marocco o della penisola
arabica, della normalizzazione in Libia, della sicurezza di Israele, della
guerra civile in Libano, l’Europa non va oltre le rituali evocazioni di pace e
progresso. Il confronto del mondo arabo è con la vasta globalizzazione, che gli
Stati Uniti governano con logiche lontane, incontrollabili, e con la sovversione
latente a opera dell’Iran, dell’islam iraniano, che condiziona tutte le aree di
crisi aperte, in Palestina, Libano e Iraq.
Sulle donne bisogna intendersi. In regime elettorale, è il caso
dell’Iran come della Turchia, l’islam clericale - politicizzato e
tradizionalista - è numericamente l’esito del voto alle donne. La
modernizzazione è per le donne violenta, proponendosi come liberazione del
corpo. Il corpo è duro tiranno, poiché è correttivo: alto, magro, biondo,
atletico, levigato. È sovvertitore: ogni altra certezza scombina, familiare,
parentale, giuridica, tradizionale. Emargina e non include: un cinque per
cento, un dieci per cento delle donne, urbane, istruite, affluenti, se ne può
permettere la cura. Dove le donne votano, in Iran, in Turchia, in Pakistan,
nella stessa Israele tra gli arabi israeliani, votano conservatore.
In Iran la condizione della donna non è dirimente: le
donne sono state e sono, in massa e in dettaglio, il pilastro vincente del
regime. Trent’anni fa contro lo scià che le aveva laicizzate, una riforma
sentita come una violenza. Nelle penultime elezioni a sostegno della parte
retriva del regime. Sul ruolo in generale delle donne in politica mancano
analisi accurate: nel 1850, quando il governo di Massimo D’Azeglio laicizzò le
scuole e la vita civile a Torino con le leggi Siccardi, le donne furono tutte
contro, anche con violenza. Il regime onora in Iran la donna in famiglia e
nell’amore, e le protegge nei giudizi di divorzio con formule perfino
fantasiose: nei patti matrimoniali, ultimamente, ci sono donne che
hanno inserito come clausola per la rescissione il pagamento da parte del
marito di 8.100 libri di poesia, o di 124 mila rose rosse, patti che i giudici
hanno avallato – ottomila libri di poesia? La donna è
protetta anche nella prostituzione, col sigheh, il contratto a tempo.
Ci sono tante nazioni dentro l’islam. Nel senso proprio del
termine, di paesi che votano all’Onu, e in quello reale: c’è l’Iran, per
esempio, che non ha nulla a che vedere col resto dell’islam, arabo e asiatico.
Ci sono i montanari dell’Atlante – i berberi - e delle Zone di Frontiera con
l’Afghanistan, e ci sono le città, c’è il deserto e c’è l’Asia formicolante.
Questione morale - Luciano
Canfora la mette indirettamente (non volutamente?) in relazione, nella “Intervista sul potere” (p. 179), con
l’imbarbarimento della vita politica a Roma al tempo di Silla, a motivo delle
sue proscrizioni, 82 a.C.: “Mettere in lista persone da eliminare, promettendo
un premio in denaro a chi le avesse uccise o denunciate, per poi confiscarne i
beni a beneficio dei propri scherani, fu un atto gravissimo che portò a uno
scandaloso arricchimento; non di Silla, che poco se ne curava perché di suo
aveva già molto, ma di chi gli stava intorno. Da quel momento in avanti la
degenerazione diventa inarrestabile”.
La
questione morale italiana non è dissimile: la degenerazione si è moltiplicata
con Mani Pulite, come se ne fosse stata “liberata”. È generalizzata, basta
stare dalla parte giusta della giustizia e della politica, il che per un
corrotto non è un problema.
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