Pennacchi sa raccontare (rivivere) il nulla – la vita di un ragazzo a Latina. Una delizia, per quattrocento pienissime pagine. Con chicche varie - la statica applicata alla poesia e all’amore è la più fine, ma non la sola – e mai impositivo. Rispetto al neo realismo cui è stato apparentato, un documento anche veridico della vita in provincia negli anni 1960. Con qualche faglia – l’autostop con Pasolini in Mini Minor da Roma ad Arezzo, per esempio: “Teorema”, i “fascisti rossi” e il “Corriere della sera” non collimano. Ma compresa la teoria, che sarà di grande utilità agli storici, che gli “anni di piombo” sono germogliati a metà marzo 1968, quando Almirante prese d’assalto la Sapienza occupata, rompendo il fronte generazionale unito di due settimane prima a Valle Giulia. E comprese le ultime scuole medie dei poveri in seminario – come già Collodi un secolo prima: bisognerà sottrarre la storia all’anticlericalismo. Pennacchi ci sta poco, ma abbastanza per padroneggiare Cicerone come Manzoni.
In questa “seconda edizione” Pennacchi ringrazia “gli amici e compagni dell’Anonima Scrittori”, elencandoli. Una nuova arcadia, Diggei Melonarpo, e Euriloca, con Euridice, etc., anglo-italianizzata. Bisognava pensarci, il millennio è questo - ma niente paura, lui ne è indenne (è solo interista, ma con juicio)..
Antonio Pennacchi, Il fasciocomunista, Oscar, pp. 335 € 9,50
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento