letterautore
Croce – Ha in uno dei saggi “la mula del Berni”, che sollevava i sassi
per inciamparvi dentro. Marcello Vannucci,
analizzando l’avversione dello stesso Croce per Vittorio Imbriani, benché a suo
modo anche questi un burlesco, ha: “Don Benedetto pare uno «che fabbrichi prima
le palle e poi se le tiri addosso»”, come potrebbe dire uno dei personaggi
delle “novellaje” popolari dello stesso Imbriani.
Inglese - L’antico inglese si vuole
sassone. Per dire tedesco. Ma era celta, e poi romano – e poi francese. Le persistenze
latine, limitate generalmente alle parole in -.imo e –one, sono invece
prevalenti, nel lessico giuridico e politico, e in quello letterario. Bat- per
esempio, fino a butterfly e batman.
Italiano – Cresce in piazze d’architetto, tra ninfe
e tritoni in fontane d’artista. Un americano non
s’aggira per piazze ornate di palazzi, cattedrali e fontane con le naiadi, e
dentro i palazzi e le cattedrali intarsi, stucchi, statue, dipinti e pavimenti
marmorei, multicolori. L’italiano vive nel bello, anche se lo ignora, col culto
spontaneo della prospettiva, nelle piazze, i palazzi,
l’urbanistica, anche del villaggio più piccolo o povero. Della geometria del
mondo.
Questa è una visione del
mondo che sembra “naturale”, mentre non lo è. Lo è stata per il predominio che
questa Italia ha esercito per alcuni secoli sulla cultura occidentale, e quindi
mondiale, che ora è in apnea, o è esaurita. Del centro Italia, da Piero della
Francesca a Alberti e Galileo, Realista e imaginifico, mondano e ultraterreno.
Leggerezza – Quella di Savinio, teorico
dell’antiprofondismo, è ricercata, molto. Quella di Calvino, che la celebra, è
l’esito di un lento, applicato, lavoro di bulino. La superficialità è sempre
pesante, è noiosa.
Romanzo – “Se qualcosa si può chiamare col nome di lettura, il
procedimento stesso dovrà essere attraente e piacevole; dovremo gongolare su un
libro, essere rapiti del tutto fuori da noi stessi, e uscire dalla scorsa con
la mente presa dalla più affollata, caleidoscopica danza di immagini, incapaci
di sonno o di un pensiero consistente. Le parole, se il libro è eloquente, dovrebbero
scorrere da allora in poi nelle nostre orecchie col suono dello scricchiolio, e
la storia, se è una storia, ripetersi in migliaia d’immagini colorate all’occhio”.
È l’esordio di “A gossip on romance”, il saggio con cui Stevenson s’intrometteva
nel 1882 nel dibattito tra Henry James e Walter Besant sulla “natura” del
romanzo, tra il realista e l’antirealista (sommariamente etichettato “romantico”).
A favore del secondo, ma facendo testo a sé: “Il teatro è la poesie dei comportamenti,
il romanzo la poesia delle circostanze”..
Il curatore del saggio su Literature
Network vuole Stevenson un “romantico” di scuola: “Nell’eterno conflitto tra
Romanticismo e Realismo, Stevenson fu anima e corpo col primo, e per fortuna
visse abbastanza da vedere gli effetti pratici dei suoi precetti e della sua
influenza. Quando cominciò a scrivere, il Realismo nella narrativa sembrava in
controllo assoluto, quando morì il revival romantico prevaleva”.
Stevenson scrisse “A gossip
on romance” a Davos, nell’inverno 1881-82, e lo pubblicò a novembre nel “Longman’s
Magazine”. Cinque anni dopo, nel 1887, lo riprese in “Memorie e ritratti”, seguito
da “Un’umile rimostranza”. L’idea originaria di Stevenson era di raccogliere in
un volume a sé gli scritti sul romanzo, ma non ne produsse altri. Eco, citando
la disputa nelle “Poetiche di Joyce”, dice di Stevenson che “la visione
classicista si era scontrata con l’inquietudine di chi avvertiva la presenza di
una nuova realtà”. In realtà la disputa presentava più connessioni che fronteggiamenti.
Besant voleva il romanzo “netto, finito, autonomo, fluido”, mentre la vita
diceva “mostruosa, infinita, illogica, improvvisata e spasmodica”. James gli obiettava
per modo di dire: “L’umanità è immensa…
L’esperienza non è mai limitata e non è mai completa”, e tuttavia “essa è la
vera atmosfera dello spirito…. Esso accoglie in sé le più deboli allusioni
della vita, e converte i battiti d’aria in rivelazioni”.
Scrivere – È la scoperta dell’America. È
scoprire. Vagare, con o senza bussola, ma tentando sempre la scoperta di
un’America. Ricercata- casuale..
Lo scrittore è irrisolto,
per definizione: è uno che scrive sempre, cioè cerca sempre. Si scrive per
scoprire, vagheggiare, mettere a punto. Ma senza i punti che fanno un sistema.
letterautore@antiit.com
Nessun commento:
Posta un commento