venerdì 19 luglio 2013

Lichtenberg, il tedesco asistemico che si rifiuta

La più ampia silloge degli aforismi e le lettere, in vario modo brillanti, del fisico e satirista che fu l’attrazione della migliore fisica della sua epoca, a partire da Alessandro Volta, e poi della migliore filosofia: Kant, Schopenhauer, Kierkegaard, Nietzsche lo hanno letto con profitto. Benché praticasse di proposito la scrittura asistemica, e anzi frantumata, e non volesse insegnare nulla – fu pubblicato postumo: Schopenhauer lo chiamava Selbstdenker, pensatore indipendente, anticonformista.
Anacleto Verrecchia, che è il suo miglior lettore in Italia e l’aveva già proposto una cinquantina d’anni fa in edizione ridotta per Einaudi, ha triplicato la scelta e la fa precedere da un lungo saggio - prende un terzo del volume ma si legge come un romanzo. Figlio di pastore, specie in Germania prolifica di umanisti, Gryphius, Telemann, Lessing, Lenz, Wieland, Nietzsche, ultimo di diciassette figli, della stessa madre, piccolo, gracile e gobbo, è aforista cattivo e, a suo modo, allegro – scherzoso spesso, talvolta affettuoso. Non si privò del resto di nulla.
Fu giovanissimo professore, matematico e astronomo, alla stessa università di Gottina, Georgia Augusta, creata dai re hannoveriani d’Inghilterra per coprire e formare l’“ariano”, la storia provvidenziale che poi sarà hegeliana. Dove aveva studiato con una borsa di studio del langravio della sua città, Ludwig VIII. Alla scuola specialmente di Abraham Gotthelf Kästner, direttore dell’osservatorio astronomico e egli stesso satirista. Insegnante seguitissimo, scienziato presto di fama – a casa sua furono di casa tutta la scienza e le lettere tedesche, Volta a lungo. Fu antiaccademico - le scoperte, spiegava, sono opera di geni autodidatti: Franklin era un farmacista, Watt un meccanico, Herschel un organista, i Montgolfier industriali della carta. Ebbe non meno di dieci amanti, tante ne sono state rintracciate, tutte di modesta e modestissima condizione sociale. Con una di esse, venditrice di fragole, si sposò, avendone una mezza dozzina di figli, il primo prima del matrimonio – altri ne ebbe da altre amanti, lo chiamavano Augusto il Forte, dal duca di Sassonia che fece non meno di 350 figli. Sapeva il latino, il greco, l’italiano, il francese, l’inglese, ed era in grado di leggere in lingua originale tutta la letteratura europea.
Al liceo aveva imparato, come Voltaire, a fare la calza. E si era prodotto, tra le tante, in due dissertazioni (temi in classe) che si ristampano, su Grozio e sul suicidio – di cui redasse l’apologia anche in latino. A quarant’anni fu vicino al suicidio: s’era invaghito di una ragazza che vendeva fiori per strada, Marie Dorothea Stechard, di “un po’ più di tredici anni” (ma ne aveva dodici, Verrecchia l’ha accertato) , che dopo poco tempo mori. Della “Stechardi” sembra essere stato veramente innamorato, ma non si uccise.
“Ogni uomo ha anche le sue natiche morali, che non mostra senza rossore e che nasconde ilpiù possibile con i calzoni della buna creanza”. Del pio Böhme, il calzolaio mistico, dice l’opera un picnic, “in cui lui mette il suono, il lettore il senso”. Ma non voleva essere cattivo, c’è una filosofia anche fonetica, una coloratura filosofica: fu amabile più che profondo. “Si conquistò un buon cuore solo con il brio e la leggerezza;: per esso ora ha perso l’uno e l’altra”, disse infine di se stesso.
Devotissimo sempre al “quasi sovrumano Newton”, di cui acquistò commosso la maschera mortuaria. Non “scrisse”, disprezzando con Baretti i “cacalibri”, ma scrisse molto, svagatamente.
Commuove anche per impersonare la tradizione tedesca, che è di leggerezza, prima del prussianesimo e
della politica di potenza, anche accademica. Molto tedesca pure l’attrazione che subiva, una sorta di identità sdoppiata, per il doppio - ”un vero e proprio teologo della Duplicität” lo vuole Verrecchia. Uomo dalla dodici malattie e dalle interminabili incontrollabili pulsioni, con una qualche “Dolly” a chiusura della giornata in mancanza della moglie o dell’amante del momento. Un inno alla vita. Ma è probabilmente questa di Verrecchia l’unica riedizione di Lichtenberg disponibile in libreria, sicuramente quella più ampia. Anche in tedesco: la Germania non lo ama.
Georg Christoph Lichtenberg, Lo scandaglio dell’anima, Bur, pp. 659 € 13,50

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