Oggi l’onesto Di
Pietro si rilancia sul “Corriere della sera”, dieci anni
fa era “Le Monde”.
“Di Pietro sproloquia, su un “Le Monde”
eccessivamente compiacente, di quando tolse “il coperchio alla democrazia”. Non
alla corruzione, alla democrazia. Dice da sé, in prima persona, quello che si
sapeva: che Mani Pulite è una deriva anti-democratica. Bisognerà cercare dunque
il Piano di Rinascita di Di Pietro, dopo quello di Gelli.
“«Le Monde» ha letteralmente ripescato Di
Pietro dal nulla. E questo dimostra un’altra cosa che si sapeva di Mani Pulite:
che ha avuto osservatori molto interessati al suo successo, francesi e tedeschi
più che americani. E anche qualche suggeritore:
gente che sapeva chi aveva avuto accesso a certe tangenti – certe
speciali tangenti e non altre, non tutte. In che misura esattamente. E dove le
nascondeva. Ma qui con prudenza: qualche potentato politico che non ne era
parte della combine, qualche banca o
banchiere “svizzero” per tenersi il malloppo. Abbiamo anche avuto un Di Pietro
stile Madison Avenue, padrone della comunicazione, che rubava il palcoscenico al
suo capo Borrelli e a ogni altra personalità, compreso il vittorioso Prodi del
1996 – a quarantott’ore dalle elezioni i titoli erano per Di Pietro e non per
Prodi, che aveva fato la campagna elettorale e l’aveva vinta: Di Pietro
pretendeva di diventare ministro (e lo diventò, per meriti propri?)
Tanto eccelso, l’uomo ci ha messo
poco a scomparire nel nulla. Conta meno di Buttiglione. Anche come pareri.
Nessuno a”Repubblica”, il giornale dei suoi “grandi amici” (così si definiva
Corrado Passera al telefono con Di Pietro, anche per conto del suo patron di
allora, l’editore svizzero Carlo De Benedetti), penserebbe oggi di chiedere a
Di Pietro cosa ne pensi, nemmeno in un riquadro.
“«Le Monde» ne segnerà la rinascita.
Magari con un suo partito? La scommessa non sembra difficile”.
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