Il premio Strega ha 400 o 500 giurati, ma non c’è a Roma una società letteraria di cinquecento persone. Neanche di cinquanta, non c’è a Roma società letteraria, né a Milano o altrove. È per questo che i premi sono solo operazioni di marketing: il libro che non si vende altrimenti, “si fa” premiare. .
È per questo che premiare l’impremiabile è da qualche tempo lo sport, allo Strega e al Campiello, come un tempo al Grinzane. I premi servono per i regali da poco, o per leggere sotto l’ombrellone, dove nessuno legge. Chi cerca una buona lettura sa che è meglio evitare il premio, difficilmente si sarà perduto qualcosa. A differenza che in Francia, da cui l’Italia ha importato il premio letterario. A Parigi il premio è votato da un gruppo omogeneo di lettori “professionali”, ed è garanzia di qualcosa: ogni premio è caratterizzato, e raramente delude.
In Italia è l’inverso: raramente s’incontra nell’albo d’onore di un premio un libro buono, da recuperare. Di un autore magari buono si premia il libro mediocre. Si fa premiare, bisogna dire, perché questa è la verità del premio: un’operazione di marketing. Piccola corruttela, ma invadente.
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