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Fede - È opera collettiva, ricorda papa Ratzinger nell’enciclica incompiuta che ora si pubblica, tra i compartecipanti: la fede si dà se condivisa, compartecipata. Sembra anche ovvio, le chiese essendo dopotutto ecclesìe, comunità. Ma non tanto.
Il papa adegua anche il pensiero (laico) del potere-chiesa della partecipazione democratica, come Hannah Arendt (ma già Hobbes) ha messo in luce: la politica è “prendere parte al potere”. Non nel senso volgare, del sottogoverno, ma nel fondo di compartecipazione che il fenomeno collettivo prospetta e – seppure (solitamente) “a tradimento” - consente. Il vecchio fideismo comunista, volentieri rubricato chiesastico, ne era – è - espressione.
Internet – È in realtà poco friendly. Per essere una realtà spiccatamente commerciale e solo accessoriamente informativa e di condivisione. Mutevole a ogni istante: l’innovazione è costante, scaglionata anzi per essere costante, e varia anche nelle procedure, mobili, multiple, mutevoli. È come se si dovessero imparare più lingue per parlare.
Qualsiasi scelta-decisione sul web è una caccia al tesoro, o un gioco dell’oca: le procedure di Google ne sono il campione, che sempre rinviano ad altro – lo stesso procedimento delle leggi italiane, fatte per essere esoteriche, accessibili unicamente agli specializzati che se ne fanno una rendita. Con la necessità di memorizzare infiniti nomi propri e password, e-mail, accessi.
Il linguaggio internet relativizza totalmente, fino alla tecnica dopo la scienza. I rimandi all’assistenza tecnica sono, dove non si tratti di comprare ma di sapere, di sciogliere un dubbio, a un forum. In cui forse qualcuno, che non sa ma può sapere, spiega quale potrebbe-dovrebbe essere la soluzione. C’è una sola scienza e una sola tecnica, nel senso che se ne è sopraffatti, senza vie di fuga possibili, ma non ci si libera ricorrendo a esse, si resta sempre prigionieri.
Viabilissima è la lingua, che è lo slang, la lingua Usa, che anch’essa, però, non libera ma imprigiona.
Quarant’anni fa Eco sbeffeggiava McLuhan, pur trovandolo “eccitante, ilare e dissennato”, con la distinzione puntigliosa, scolastica, tra canale di comunicazione, codice e messaggio. Ma il cellulare e Internet questa confusione l’hanno realizzata di fatto, anche i reality, così studiati nella loro approssimazione, per fingere l’immediatezza: è arduo dire che il canale di comunicazione non è il messaggio.
McLuhan: “I mezzi di massa non trasportano ideologia, sono essi stessi ideologia”. “L’informazoe non è uno strumento per produrre beni economici, ma è essa stessa il principale dei beni”. “La comunicazione si è trasformata in industria pesante”. L’uomo diverso, che comincia a sentire il mondo in modo diverso.
Ancora McLuhan, antico commentatore di san Tommaso: “La tv, rete e mosaico”.
L’informatica è materia filosofica. Pascal ideò e realizzò una prima macchina calcolatrice. Leibniz progettò un calcolatore delle moltiplicazioni e ipotizzò una macchina in grado di “calcolare la verità” partendo da alcuni assunti fondamentali – una sorte di google-pensiero. Una cosa che Hobbes, materialista non confesso, aveva prospettato: che la percezione, l’immaginazione e la memoria si legassero a “moti corpuscolari” che potrebbero obbedire alle leggi della meccanica. Aveva ubbie, se non mezzi, filosofici lady Augusta Ada King, contessa di Lovelace (1815-1852), nata Byron – figlia non amata del poeta. A lei si deve l’idea di un computer programmabile. Traducendo nel 1843 un articolo di Luigi Menabrea sul “motore analitico” di Charles Babbage, Ada lo arricchì di una serie di note, tra le quali il primo algoritmo inteso a far funzionare una macchina. Cioè il primo programma di un computer. Al quale, nelle stesse note, predisse la possibilità di un uso più esteso che le quattro operazioni aritmetiche.
È filosofico naturalmente il numero, con la numerologia, almeno a partire da Pitagora. Fino a Alan Turing, che con Kurt Gödel ha ricostruito la logica e la matematica - il matematico-filosofo inglese delle “macchine di Turing”, calcolatori ideali o astratti,
Usa apparentare la rete alla stampa. Che propose una lettura (solida (maneggevole), conservabile, ai molti. La rete, o meglio google, sarebbe una lettura liquida (ma vaporosa è più vero), istantanea, per tutti. Il passaggio è -potrebbe essere - però di natura e non di modalità, di accessi. Analogo a quello che Platone discute nel “Fedro”, nel passaggio dall’oralità alla scrittura. Platone l’attenua riservando al filosofo la reticenza: la comunicazione limitando cioè agli adepti o iniziati. Ne deriveranno i linguaggi specializzati, e quelli esoterici, per un motivo non contestabile, la difesa della verità, della ragione (esattezza). Con la rete invece il contrario è ostentato, l’incontinenza. Anche di mancanze o insensatezza.
Tuttavia, qualcosa resta: la virtualità trasforma in realtà. Con tutte le ambiguità di questa.
Nietzsche – “Feuilletonista civettuolo” per Tolstòj vecchio. Che in un’intervista del 1904 gli antepone Lichtenberg: “Non capisco perché i tedeschi di oggi trascurino tanto questo scrittore e impazziscano invece per un feuilletonista civettuolo come Nietzsche”
Razzismo – Si vuole un atto di prepotenza e un’asserzione di potere, ma è uno spreco. Non a caso si esercita sui simili come sui dissimili. I bianchi sui neri, i cristiani sugli ebrei, i settentrionali sui meridionali, i tirolesi sui lombardi, i bavaresi sui tirolesi, gli amburghesi sui bavaresi. Non è una difesa ma un dissiparsi, esaurire le proprie riserve. Al gioco delle differenze, a un semplice gioco. Senza guadagnarci nulla - l’invettiva non è un risarcimento.
Realismo - Ciò di cui si parla è il problema – ciò che manca, che non “esiste”? Sarà col realismo come con l’Io e con Dio, di cui mai s’è parlato tanto quanto da quando non “esistono” – frantumati, cancellati. Se così, ha ragione di essere: è il “discorso su” che annaspa: l’idealismo, la logica, la filologia.
Riso – C’è anche quello di dolore. Sardonico, spiega Propp, quando si eliminavano i vecchi. Lamentoso e anche isterico nell’ “Odissea”, rileva Matteo Nucci.
Vanità – Quella letteraria (filosofica) è la più coriacea ? Papa Ratzinger, che non ha avuto abbastanza ambizione da continuare a fare il papa, opera non disagevole, l’ha però ancora viva per pubblicizzare il suo ultimo pensum, in forma di enciclica – sulla fede, ma questo è accessorio.
zeulig@antiit.eu
giovedì 11 luglio 2013
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