Il racconto del titolo sembra una parodia del racconto d’evasione: “Era una bella notte calda” segna l’inizio. Segue: “Era una serata di fine stagione, al termine delle vacanze”. E comincia con: “«Qui muoiono», disse Colette, «gli amori della stagione»”. Il secondo titolo, “Giorno d’estate”, si apre così: “Certe unioni sembrano risvegliare nell’anima un dolore sordo, come il basto ferisce il fianco delle bestie appaiate”. Fotoromanzo? Harmony? Nelly? No, è qui il fascino ritrovato di una narratrice reputata d’appendice che il postumo “Suite francese” ha condotto a riconsiderare: riscattare la banalità.
L’alter ego Sylvie, che fantastica un’evasione, il padre-marito che vuole andarsene di casa, e poi, “L’inizio e la fine”, l’uomo in carriera che scopre l’inizio nella fine, sono una perenne autodifesa – del nomade, del perseguitato, del rifiutato. Irène Némirovsly racconta in vari modi con più costanza la storia del rifiuto della madre. Della madre propria, donna capricciosa – in “Suite francese” sarà il rifiuto della madre acquisita Francia.
Irène Némirovsky, Un amore in pericolo, Elliot, pp. 90 € 9
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