Nella
camera di consiglio in cui avrebbe dovuto argomentare la condanna di Berlusconi
perché “non poteva non sapere”, il giudice Esposito si occupava di contrattare
l’intervista di due pagine col “Mattino”. Il giornale di Napoli, il suo
giornale. Due pagine, come nemmeno mai Sofia Loren. Gli altri giudici del
collegio sonnecchiavano. In attesa di pronunciare il verdetto per il tg delle
20.
L’intervista
concordata in camera di consiglio è troppo per non essere vera. Ma non per la
Cassazione. Che si è decisa ad acquisire gli atti solo come “atto dovuto”. Giusto
perché il ministero della Giustizia, col quale deve concordare la valutazione,
ha proceduto autonomamente. Per insabbiare la pratica, insomma.
Arrivati
alla Cassazione, sia pure nella gestione debole di Santacroce, c’è poco dal
salvare di questa giustizia.
Nel
gergo di Di Pietro, il metodo maestro di prova era carcerare e buttare le
chiavi: il detenuto confessava. Potremmo provarla con Esposito e Santacroce. O
chi è il procuratore Generale della Cassazione. Magari confessano pure loro.Procuratore generale era fino a ieri Vitaliano Esposito, fratello di Antonio. Pensionato con un incarico, in aggiunta alla pensione di 220 mila euro, annui, quale Garante della protezione ambientale a Taranto. Licenziato poco prima della sentenza di Antonio dai parlamentari berlusconiani. Naturalmente i due fratelli non si abbandonano a vendette.
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