giovedì 15 agosto 2013

Il business dell’immigrazione – 2

È una polemica giornalistica, tra un opinionista del “Foglio”, Roberto Volpi, e il sindaco di Acquaformosa, in provincia di Cosenza,…. abitanti, ma certifica la riduzione dell’immigrazione a business. Per le coscienze migliori, dei generosi e compassionevoli.
Acquaformosa farà il 22 un Festival delle Migrazioni. Il sindaco Giovanni Manoccio è parte, col suo piccolo comune, dello Sprar, Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati. Che, dice, vuole sostituirsi alla gestione attuale della prima accoglienza agli immigrati clandestini: “Chiederemo di adottare un modello di accoglienza, quello appunto della Spraer, che abolisca i Cie e i Cara e dirotti i tutti i fondi per l’accoglienza sui piccoli comuni”. Ha per questo invitato al festival la ministra Kyenge. Per chiederle “di dirottare tutti i fondi dei Pon sicurezza che vengono spesi per sistemi di videosorveglianza in interventi di ristrutturazione dei centri storici abbandonati in modo da trasformarli in luoghi di vera accoglienza”.
Cie, Cara, Pon, Spraer, Manoccio è burocratico malgrado se stesso. Ma non si nasconde: lo Spraer vuole gestire i fondi per l’accoglienza, italiani e europei. Per ristrutturazioni, refezioni, forniture varie, e soprattutto le assunzioni, sia pure di personale “volontario”. Il piccolo di un piccolo, micragnoso, business, ma pur semrpe business. Peggio se povero, e sulla spalle dei poveri. I quali, benché immigrati, senza documenti, senza personalità, non ne vogliono sapere dei piccoli centri, dei centri storici dei piccoli centri. E questo è il meno della questione.

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