Un “martyrium sine cruore”, senza violenza.
L’esicasmo è “una disciplina”. Fondata su un ponos kardìas, la fatica del cuore, “tutto interiorizzato…, teso a
ristabilire (ossia «rovesciare»)”, col sostegno di Dio misericordioso, “la
natura dell’uomo, decaduta in ragione del peccato originale”. Un “combattimento
spirituale”, prima di tutto con se stessi: “Lo sforzo violento…., veemente ma
al tempo stesso mirato, produce nell’animo del praticante una profonda
sofferenza, che non prevede facili consolazioni”, certo non il “quietismo”, “né
tantomeno «visioni» ingannevoli”.
Il mistero della preghiera è ancora
insoluto. L’esicasmo si pensa una bizzarria – uno “yoga cristiano”. Neppure
Eliade vi si sofferma. Qualche traccia sovveniva fra gli storici per la
polemica fra san Gregorio Palamas e il monaco Barlaam nel Trecento, la
“polemica palamita”. Le tecniche ascetiche sancite dalla tradizione erano
naufragate con la teologia di Palamas e il concilio di Firenze nel
Quattrocento. .
È un libro di scienza. Ma non ultimo, e
non unico, nella riproposizione in questo millennio di una religiosità, quella
ortodossa, a lungo rimossa dalla cristianità. Tosti dice che se ne parla grazie
al Concilio Vaticano II. Ma la rimozione fu soprattutto opera del Concilio
ecumenico, il cui ecumenismo si è risolto sul recupero della sensibilità e i
riti del Nord protestante, con qualche chitarrata afroasiatica.
Marco Tosti, Aspetti storico-religiosi
del metodo di orazione esicasta, Japadre, pp. 158 € 16
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