Succederebbe
anche molto di più, tutto nel primo capitolo, a Capodanno del 2014. La Grecia
lascia l’euro, con l’Italia e la Spagna. E sospende lo stipendio agli statali.
Che devono continuare a lavorare, specie i poliziotti: ci sono moti di piazza,
si complotta un ritorno dei colonnelli, con pogrom contro i più deboli, gli
immigrati, e si uccidono personaggi importanti. Ma Charitos, lo sbirro
latinista, e il suo capo Markaris hanno perso lo smalto. Rispetto ai due
precedenti romanzi della crisi, “Prestiti scaduti” (2011) e L’esattore” (2012),
incidenti di un percorso ancora fiducioso, l’autore fa ora sbrigativo il suo
personaggio, incerto. Deluso dalla resistenza, certo, ma nient’altro. Forseanche da se stesso: nel
risvolto non si propone nemmeno più a mediatore culturale tra Nord e Sud,
essendo versato in tedesco come in greco. Non ci evita un tedesco buono, ma solo a
stiracchiare i dialoghi.
Si può
ridere della crisi, ma fino a un certo punto? L’uscita dall’euro è solo una
scenetta: l’integrazione europea, questo tipo di integrazione, è come l’inferno,
è impossibile uscirne. Anche in giallo.
Petros
Markaris, Resa dei conti, Bompiani, pp. 300 € 18
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