Dare la caccia ai mafiosi
oppure ai politici? Le modiche alla norma sul voto di scambio, di cui non c’era
bisogno, hanno senz’altro il secondo obiettivo: completare la subordinazione
della politica ai giudici. Non per nulla grande patrocinatore ne è Agostino
Cordova, il giudice istruttore di Reggio, poi Procuratore Capo a Palmi e a
Napoli, che non risulta aver messo dentro molti mafiosi, ma centinaia di politici
sì – salvo non condannarne nessuno.
La mafia è scoperta nelle
sue azioni, non si nasconde. Non lo diventa per avere in casa santini
elettorali. E ancora: per averli dei candidati che il Procuratore dice, se li
ha di altri non interessa. Quando non se li procura per farli trovare ai
Carabinieri alla visita annunciata – nelle inchieste di Cordova è successo
anche questo.
Già licenziata alla Camera,
passerà al Senato alla ripresa la modica dell’art. 416 ter del codice penale,
di cui si dice che introduce una modifica inutile – due in realtà: mentre riduce
la pena, “bilaterale”, da 7-12 a 4-10 anni, allarga lo scambio, dalla elargizione
di denaro (il voto comprato) alle “altre
utilità” (favori, assunzioni, licenze, appalti....). Ma ciò fa in
riferimento al terzo comma dell’art. 416 bis, che è quello dell’“associazione
mafiosa”. Un reato oggi accettato acriticamente (al momento della sua definizione
suscitò trent’anni fa molte perplessità) solo in Italia. I reati associativi
sono una prerogativa della “costituzione materiale” italiana, per poter
condannare chi si vuole, ad arbitrio. Può essere associazione mafiosa tutto: è
attività
Non c’è da scandalizzarsi,
se i parlamentari sono pronti per essere definiti associazione mafiosa. Ma non
c’è da illudersi: ci hanno tolto la politica. Dopo la caccia ai mafiosi – se ne
arresta qualcuno in Calabria, gli scarti, mentre da anni non se ne trovano più
in Sicilia e a Napoli. Per il 416 bis è associazione mafiosa, nella sintesi di
Cordova, “quella volta ad acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o
comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di
autorizzazioni, di appalti e servizi pubblici, o di procurare voti a sé o ad
altri in occasione delle consultazioni elettorale”. Mai confidarsi con gli amici…
Tenere i politici per le palle
Qui si apre un fronte sconfinato
alla corruzione. Sotto le pretese di lotta alla corruzione. Altra sarebbe una
lotta vera alla corruzione – per voto di scambio s’intende la corruzione
elettorale (s’intendeva prima dell’imbastardimento mafioso: tutto è mafia…).
Bobbio parte dal presupposto che ce ne sarà sempre in democrazia, dove cioè si
sceglie col voto. Il grande scettico, studioso di Hobbes, non lo dice apertamente ma in più di uno scritto
assimila la democrazia a “un grande e libero mercato in cui la merce principale
è il voto”. In questa forma lo ribadì presentando nel 1983 la riedizione degli
scritti di Gaetano Mosca, al punto in cui lo studioso delle élites critica
il malcostume del voto di scambio, della compravendita del voto. Ma non c’è
esempio di democrazia esente dalla corruzione. Cesare, spiega Luciano Canfora
nella sua biografia, s’indebitò tanto, per farsi eleggere, che in caso di
sconfitta sarebbe andato in bancarotta - Brecht ci ha scritto sopra un romanzo
storico, “Gli affari del signor Giulio Cesare”. Ma senza scandalo, era la
prassi a Roma già al tempo d’oro della repubblica. Sallustio, Tito Livio,
Plutarco non si ricordano quando il voto di scambio è cominciato.
Quali i rimedi? Vari accorgimenti nei sistemi
elettorali. E varie leggi che formalizzano il “voto di scambio”, la compravendita
del voto, per perimetrarne l’estensione e comunque renderla nota. Negli Usa il
finanziamento delle campagne elettorali è detraibile dalle tasse. È quindi
doppiamente pubblico. È una forma d’investimento in lobbying, col crisma della
legalità. Solo in Italia si pensa ai giudici: tengono i politici per le palle,
per dirla alla Cordova?
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