sabato 17 agosto 2013

Moria sotto il vulcano

È “La peste” di Camus, qui per un morbo interno, la voglia di suicidio. Un universo chiuso per una colpa ignota. Si direbbe da racconto di Kafka, ma Evira Seminara, “giornalista e pop-artist” di Acicastello ai piedi dell’Etna, tellurica quindi, procede disinvolta: il suo racconto è molto pop, sembra la sovraesposizione della dolce morte, o eutanasia come usa chiamarla – l’“umanità” viene dalla tv sempre accesa al bar.
L’idea germoglia forse da “Anime Salve” di de Andrè che Seminara cita, l’ultimo album, in onore degli “spiriti solitari”. Una forma di eroismo – anime salve De Andrè in fin di vita spiegava etimologicamente come spiriti solitari, “una specie di elogio della solitudine”. Che la canzone dallo stesso titolo incentra sulla solitudine quando è scelta, la “scelta di libertà”. Ma l’andamento è grottesco, sul filo del noir. Con una soluzione che non è una soluzione: la scrittura crea, e perché non ucciderebbe?
Dedicato al padre, “un’isola anche lui”. L’isola ritorna, con le sue valenze plurime. Da ultimo – Hertha Müller - nella sua rappresentazione vacanziera di luogo privilegiato d’evasione, mentre è un universo concentrazionario, anch’essa, un luogo di annientamento, solitario. Non fosse che le parole vorrebbero significare ciò che dicono, più che simboleggiare – un’isola dove arrivano tanti morti di fame, anzi ci arrivano morti, ha la disperazione discutibile.
Elvira Seminara, La penultima fine del mondo, Nottetempo, pp. 154 € 11

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