Stabilità
propone Antonio Polito come un valore. Sul “Corriere della sera”, giornale di Milano,
il giornale e la città che più si battono contro, facendo finta di invocarla. Polito,
che sfonda una porta aperta, non spiega infatti perché non ci si arriva. Chi
non la consente. Perché anzi si viene condannati per questo, facendone
immancabilmente il piano di Gelli – Gelli? Da venticinque anni.
Solo
benefici dalla stabilità di governo. La capacità di progettazione e di
esecuzione. La mobilitazione della burocrazia. La semplificazione. Un orizzonte
agli affari. Una garanzia alla giustizia. Un qualsiasi programma di governo,
per quanto contestabile, sarà più buono dell’attendismo. La burocrazia viene
eretta a stupida barriera contro ogni efficienza, mentre il contrario è vero:
la burocrazia vuole essere ben governata, impazzisce se non ha governo – indicazioni,
direttive, norme. La semplificazione parla per sé: che sia meglio per tutti
pagare le tasse sotto tre o quattro titoli invece che per ottanta adempimenti
diversi, ogni anno, quanti ne competono a ogni impresa, anche artigianale, e a
molti commercianti, è ovvio: ma lo può fare solo un governo che dura, le norme
da sfoltire sono una giungla. Che gli affari vogliano un governo piuttosto che
la corruzione del non-governo sembra anche questo ovvio – il non-governo è il
governo della corruzione (sottogoverno, favori, intrallazzi, abusi).
Che
ci voglia un freno alla giustizia è più complesso. Ma è chiaro: “Milano”, l’establishment,
l’affarismo, si serve dei giudici, di questi
giudici, suoi manutengoli, per alimentare l’incertezza. Infatti, senza che
nessuno l’abbia mai criticata apertamente, la stabilità è sempre stata resa
impossibile, dai giudici e da “Milano” – non solo dal “Corriere della sera”,
bisogna dire, anche dagli altri giornali di opinione.
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