Con
e senza i socialisti, del resto inutili, avremo dunque altri quattro anni di
Merkel. Che i giornali tedeschi, tutti senza eccezione, effigiano oggi su fondo
azzurro, l’azzurro Ue. Come a dire: l’Europa è salva. Ma quale Europa? Senza
eurobond: mai l’europeizzazione del debito. Costantemente critica e anche terroristica
verso i vicini, la Francia ora dopo l’Italia. A controllo sovranazionale sulle
banche limitato. Solida sul piedistallo della liberalizzazione forzata del
lavoro, sui suoi dieci milioni di sottoccupati. E quindi su un vantaggio comparato
incolmabile con gli altri paesi europei, dove non si dà la qualifica di occupato
a chi è pagato 4 o 500 euro, al mese. Saranno cinque anni di durezze, se
non ancora di crisi come il quinquennio
passato.
Quella
di Angela Merkel è l’Europa germanica, dove tutti devono sacrificare qualcosa
alla Germania, a titolo dei conti in ordine. Per conti intendendo quelli
contabili, Non economici né sociali. Un compito cioè impossibile per tutti: 1) la liberalizzazione del lavoro,
ammesso che sia auspicabile, non è possibile durante una recessione, e una così
grave quale quella italiana nel 2011-2013, richiedendo più spesa pubblica per
finanziare gli stabilizzatori automatici; 2) la recessione è stata indotta
dalle politiche di austerità, 3) la crisi del debito di molti paesi è stata
indotta dalla carenza di liquidità. Di tutto questo è padre-madre la Germania. Eccetto
che per la Germania stessa, che aveva disintegrato il mercato del lavoro prima
della crisi.
Un
a parte è necessario per la rappresentazione distorta che del fenomeno Merkel
si dà in Germania, e l’Italia recepisce. La Germania ci affligge col partito
antieuropeo, mentre è noto a tutti, anche in Germania, che senza la Ue la
Germania non sarebbe niente, una piccola Corea. Dappertutto ci sono fascisti
antieuropeisti e sfascisti, ma in Germania molto meno che in Francia, o in
Olanda, e non più che in Italia, frange.
Il
cancellierato Merkel baluardo dell’europeismo è solo un artificio per jugulare
l’Europa. La recessione in Italia è stata imposta da Merkel, sia pure via
Napolitano e Monti. Nel mentre che si avocava e si avoca al suo governo un
europeismo incondizionato. La Germania insomma si assottiglia. Lo storico
anglo-americano Niall Ferguson, che il risanamento impossibile con l’austerità
ha motivato sul “Financial Times”, è stato per questo insignito del premio
Erhard per l’economia, il massimo riconoscimento tedesco. Ma non fa un gioco di
dupes, di furbizia: Merkel è molto
chiara, al livello del semplice elettore.
Con
la vittoria Cdu-Csu di queste settimane diventa strapotente la Germania anche nella democrazia
cristiana europea, l’area che meglio dei socialisti avrebbe potuto garantire
meno lutti. I socialisti tedeschi, e con loro gli sbandati socialisti europei, scontano
il passaggio al liberismo radicale nel lavoro, da essi stessi propiziato nel
doppio cancellierato socialista di Gerhard Schröder, anteriore alla Merkel,
solo garantito da modeste protezioni sociali.
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