Un “apocrifo
alvariano” chiama la compilazione nella nota introduttiva Nino Borsellino. Un’occasione
per rileggere Corrado Alvaro. Una generazione è in queste poche righe della “Lettera
al figlio”, febbraio 1945: “Ci richiudemmo come vecchi, nel guscio della casa;
la nostra vecchiaia cominciò assai presto; e già prima dei capelli grigi furono
grigi i pensieri”.
Massimo,
bello e sportivo, di umori-amori incostanti, insomma un-altro-dal-padre, dovette
combattere la guerra fascista benché antifascista per carattere. Fino all’arruolamento
forzato nell’esercito repubblichino. Da cui disertò per combattere per un anno
e mezzo con le formazioni comuniste sull’Appennino tosco-emiliano. Ebbe anche
un figlio, Fabio, che poi vivrà negli Usa, con una compagna di cellula. Il che
non lo salvò dall’espulsione dal Pci per “opportunismo e insubordinazione” – il
partito a cui comunque rimarrà fedele. Anche per questo una storia emblematica –
le due generazioni di mezzo del Novecento “tradite”.
Lucrezia
Francavilla, a cura di, Cesarino, Iiriti, pp. 253 € 14,50
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