Sui
“crescenti squilibri fiscali determinatisi negli anni Settanta”, si può legge
questo excursus in “La morte è giovane”, romanzo di astolfo in via di
pubblicazione, pp. 459-460, a proposito della crisi finanziaria ed economica
allora molto forte, a metà anni Settanta:
“Muoiono per asfissia le imprese ma non i
padroni, che invece ci aggirano con le nostre stesse armi. Quelle del fisco
progressivo. Per il fisco progressivo, che colpisce la ricchezza e favorisce
l’uguaglianza, è stata fatta una riforma apposita. Con prelievo in busta paga,
dei lavoratori cioè, anticipato e maggiorato rispetto alle future retribuzioni.
“Dicono gli inglesi che gli italiani non
pagano le tasse. Gli inglesi sono maestri di virtù. Ma Philippe de Commynes
trovò nella spedizione di Carlo VIII sbalordito i veneziani in coda
all’esattoria. Ora la coda si fa alle Poste, una è stata fatta a giugno,
un’altra si fa novembre, per lunghe ore. Per attestare che si è pagato, un anno
di trattenute, e per pagare ancora qualcosa, un conguaglio, un anticipo. Bruno
Visentini, uno scorbutico amico del La Malfa che non volle la tv a colori, ha
proposto il sistema e il sindacato ne è entusiasta: è la modernizzazione, si
dice. I padroni possono detrarsi le spese, e i soldi tenere indenni in luoghi
compiacenti.
“La
tassazione progressiva fu detta a Firenze ai tempi di Cosimo “la scala”, o “la
graziosa”. Visentini evita di chiamare “graziosa” la sua legge. La sua però è una rivoluzione. Alcuni pagano le tasse, in anticipo, in
abbondanza, anche per gli altri, i tanti che invece possono non pagarle. Non
perché sono poveri, tutt’altro: molti più poveri ora pagano le tasse, per conto
di ricchi che invece non le pagano. È una rivoluzione dall’alto, si vince in grazia
dello Stato, ma è rivoluzione vera, radicale: s’introna l’aristocrazia operaia
e del lavoro, con contorno di classe intellettuale, tutti coloro che pagano le
tasse, gli altri si trascurano – cosa sono queste borghesie di merda? E si
combatte, infine con durezza, la famiglia.
“La famiglia paga le tasse due volte: i
redditi che si cumulano accrescono l’aliquota. E se la famiglia ha un figlio
che lavora paga tre volte. In omaggio alla cultura laica, che scoraggia i figli
e il matrimonio. E alla domanda di femminismo, anche le donne vogliono le tasse
e non vogliono i figli. È questo il vero attacco alla famiglia, il fisco e non
il divorzio. Le
domande di separazione a fini fiscali si moltiplicano, notai accettano
retrodatati patti nuziali separatisti: si hanno due detrazioni per la produzione
del reddito e non una. È il fisco che fa la società, e l’amore”.
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