lunedì 9 settembre 2013

L’artigiano poeta dell’eterno

“Ma era poi Ulisse, o era il calore del sole\ sul guanciale?” Se lo chiede Penelope infine ricongiunta, nel componimento che dà il titolo schopenhaueriano della raccolta, una “poesia che si esita a profanare con l’analisi”. Giusta la pretesa di Massimo Bacigalupo, traduttore e curatore – che arricchisce la “scoperta” del poeta-manager in italiano di un’appropriata anamnesi stilistica in postfazione, e una presentazione (“Un cittadino del cielo eppure di Roma”) che ne fissa la peculiarità, si direbbe l’eccezionalità, .
Stevens, poeta già tanto apprezzato, autore anche di saggi importanti di poetica, è molto dimenticato. Le ultime sue tracce si perdono nel primo “Verri”, 1956, l’anno dopo la morte, o nel secondo: il suo teatro veniva riletto da Glauco Cambon. Già negli anni 1960 solo lo leggeva Bacigalupo ragazzo. Ma con diletto, si può capirne l’infatuazione. Il fascino, camuffato di semplicità, non  difetta. “It would all meet”, tutto si può incontrare, in un colloquio in vacanza, “in the shadow of a wood” - in colloquio, senza scopo, senza importanza.
Sono antologizzate qui l’ultima raccolta, “The Rock”, e la raccolta postuma – ma da Stevens già riordinata. Compreso il componimemto “Per un vecchio filosofo a Roma”, dove Stevens non è mai stato ma dove inscena o recupera il sublime: la “visita” a George Santayana nel convento romano vegliato da suore dove il filosofo attendeva la morte, immagine e parole delle cose ultime. Entrambe le raccolte sono della malinconia, nell’età avanzata, anticipazione della morte – “madame La Fleurie”, “regina barbuta, cannibale”. “It would all meet”, tutto si sarebbe incontrato, in un colloquio in vacanza, “in the shadow of a wood”. In colloquio, senza scopo, senza importanza.
Poeta “artigianale” vuole Stevens Bacigalupo, ma dal “Grande Stile”. Non magniloquente e anzi misurato, ma emotivo e emozionante.
Uomo pratico, Stevens, avvocato di una società di assicurazioni, cui si applicò fino a diventarne amministratore. E tuttavia segnato dal tempo, dal senso dell’eternità – “la più grande idea pratica del mondo è ed è sempre stata l’idea di Dio”. Riflessivo, filosofico, uno dei suoi “pensatori senza pensieri conclusivi\ In un cosmo sempre incipiente”.

Wallace Stevens, Il mondo come meditazione, Guanda, pp. 356 € 19

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