domenica 8 settembre 2013

Machiavelli antimachiavellico

Libro d’ombre, pubblicato lo stesso anno, 1740, del suo accesso al trono, di un sovrano che sarà l’incarnazione del “Principe” che si propone di confutare – una ripubblicazione ragionata nel quinto centenario di Machiavelli sarebbe stata una forte testimonianza. Il titolo è “L’Antimachiavel ou Examen du Prince de Machiavel”, anodino. L’argomentazione è quella del “Principe”. Per il rigido rigore che pretende dal sovrano. L’insensibile – politica – determinazione ai propri obiettivi. Lo Stato come potenza, con la diplomazia e con le armi. I patti trasgredibili per il bene del regno – del popolo. Le guerre offensive legittime. Lo Stato strumento del principe. L’esercizio del potere predominante su ogni altra considerazione, anche morale. La necessita di un’ampia “base territoriale” per proteggersi dalle minacce esterne.
Il tutto Federico II rafforza con l’unità di re e di popolo, tutti gli uomini essendo uguali: “Lungi dall’essere il sovrano assoluto dei popoli che stano sotto il suo dominio, egli è soltanto il loro primo servitore”. Sembra un enunciato rivoluzionario, sanculotto, e invece è quasi opportunista – lo è stato di fatto, una “drittata”. Lo stesso per la tolleranza religiosa, che si scambia per principio di libertà ma era anch’essa funzionale – il primo assalto di Federico II fu ai regni cattolici dell’impero asburgico.
Di suo Federico ci mette il regno della cultura. Che non è poco, e farà la grandezza della Prussia sugli altri principati tedeschi, e della Germania. Ma è – detto chiaramente – uno strumento per la grandezza dello Stato. Più intollerante che non: il Gran Re di Prussia voleva che si parlasse e si scrivesse in francese, a lungo disdegnò il tedesco, la lingua e la cultura. Voltaire adulatore dirà che “dai giorni di Marco Aurelio, questo scritto di un sovrano non ebbe suo pari”. L’illuminismo era machiavellico.
Federico II, L’Antimachiavelli

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