Niente voli, niente rivelazioni, una modesta scelta
delle decine di migliaia di missive, cui Verdi attese “per molti anni, poco
dopo il risveglio prima dell’aurora”, che Eusebio Trabucchi ha operato a
spolvero del monumento. Verdi come ogni altro personaggio del Risorgimento
essendo sempre avvolto “da un’atmosfera grave e talvolta altezzosa”. Mentre si
divertivano come tutti, e si parlavano a volte fuori dai denti o sboccati come
succede a tutti.
Un Verdi applicato allo scherzo e alla facezia,
goloso, galante. Ma elegante sempre, specie nei giudizi sui colleghi, per
esempio sulla “musica nuova”, misurato, fermo, cosmopolita, eh sì, l’uomo di
Busseto lo era in modo eminente. Sullo sfondo un teatro d’opera vivo perché
molto privato. La parte pubblica limitandosi alla censura, sempre occhiuta
anche col monumento nazionale, su “Stiffelio”, “Rigoletto, “Traviata”, “Vespri
Siciliani” e ogni cosa.
Giuseppe Verdi, È così bella cosa il ridere,
L’Orma, pp. 67 € 5
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