sabato 12 ottobre 2013

De Benedetti vuole Alitalia, il marchio

De Benedetti voleva, e forse vuole, Alitalia. Il marchio. La vuole per niente, cosa di cui è maestro, per valorizzarne il nome. E per questo aspetta. Non s’è fatto e non si farà avanti per la ricapitalizzazione in corso, perché implicherà un esborso reale. Ma mantiene l’asseto d’informazione specializzata nel settore. Aspetta la crisi definitiva a breve termine – la ricapitalizzazione, inadeguata, equivale a un rinvio di pochi mesi.
Ci aveva puntato nel 2009. Non poté averla perché Berlusconi, allora capo del governo, non lo consentì. E perché il suo ex manager Passera architettò il piano Fenice con altri imprenditori. Da qui le accuse ora di De Benedetti a Berlusconi e Passera, cui imputa lo spreco di “più di cinque miliardi dei contribuenti”.
Come già per Olivetti, De Benedetti vuole proporsi come venditore – lui e non o Stato, che non sa farlo – di Alitalia. Ai francesi o agli arabi. Mentre utilizza il marchio per una serie di start-up nel campo dei servizi, dal catering al turismo. Anche se il miracolo di Omnitel e Infostrada, nate in Olivetti, sembra irripetibile. Omnitel Pronto Italia fu ceduta dopo pochi mesi di attività al socio di minoranza Mannesmann per 15 mila miliardi di lire, con una plusvalenza di 14.200 miliardi - l’anno dopo Mannesmann cedette Wind-Infostrada all’Enel di Franco Tatò, altro ex manager di De Benedetti, per 11 mila miliardi. Il “miracolo” fu allora doppiato dalla leva fiscale, che consentì a De Benedetti, passando tutto in capo a una finanziaria di diritto olandese, Oliman, di non pagare 3.800 miliardi al fisco, il 27 per cento della plusvalenza. 

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