Una storia di
storie. Tabucchi prova il genere suspense,
con uno scrittore detective, anche lui misterioso, e lo applica con maestria.
Nella forma dello snodo, ellissoidale, qui in aspetto di mandala, quale solitamente predilige, di
agganci di una storia a un’altra. Qui ad altri luoghi, ad altre persone,
definite in una loro faccia, seppure in ruoli da caleidoscopio, accattivanti e
sfuggenti. Legate da una vicenda che è anch’essa precisa nel dettaglio e
nebulosa nell’insieme, indefinita. Pietre d’inciampo tutte variamente
sorprendenti e corroboranti, nella vena del più robusto Tabucchi narratore, l’inventore
di storie.
La storia è
(65) di “una donna che in tutta questa storia forse c’entra o forse non
c’entra”. Misterica, eleusina. Elusiva, come tutte le identità, anche prosaiche
e non misteriche. A specchio di lui, dell’autore-ricercatore, forse incarnazione
di un rimorso. È un racconto definito da quasi vent’anni, che Tabucchi ha
sempre curato ma non ha pubblicato. Per pudore? È una storia d’amore, di un
primo amore. La Isabel abbandonata è poi seguita, passo si può dire dopo passo,
seppure in forma rovesciata, andando a ritroso, l’ora combinando con l’allora,
per l’intensità della nostalgia. Sarcastico a volte – “vago distrattamente abbandonato”
si dirà daultimo, parafrasando la canzone dell’innamorato. Nella forma del
mandala, per cerchi che si dissolvono, che Tabucchi legge come un destino.
Il mandala, la
geometria del racconto, l’investigatore-autore presenta anche come una parabola
della scrittura, che precisa e slarga, “crea”. Della scrittura che cerca se
stessa, perduta nelle proprie scritture. L’autore lo spiega là dove finge di
esercitarsi, anche lui, nella filosofia (retorica) della fotografia (p.67): “E
se invece fosse la vita?, la vita con la sua immanenza la sua perentorietà che si lascia sorprendere
in un attimo e ci guarda con sarcasmo, perché è lì, fissa, imitabile, e invece
noi viviamo nella mutazione…”. La poetica è questa.
Antonio
Tabucchi, Per Isabel, Feltrinelli, pp. 121 € 13
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