domenica 20 ottobre 2013

Il costoso precariato della scuola

Il problema della scuola pubblica è soprattutto il problema della debolezza della funzione pubblica. Si parta dal solido: i ruoli eternamente aperti, precari.
Sono cinquant’anni ormai che la scuola elementare e la media obbligatoria hanno un organico insufficiente. Da supplire annualmente con incarichi a tempo, a un costo notevolmente maggiorato rispetto all’inclusione nei ruoli. Senza contare le disfunzioni. E la demoralizzazione degli insegnanti supplenti, ogni anno a caccia della riconferma e di una sede possibilmente non disagiata, ogni anno ballerina. La maggior parte dei quali sono supplenti da una vita, anche trent’anni.
Una disfunzione che interessa da un quinto a un quarto dei docenti, la cui insicurezza si riverbera sull’insieme della scuola. L’unico dato disponibile sul numero degli insegnanti è quello della Fondazione Agnelli del 2009, peraltro ricostruito con difficoltà dalla stessa Fondazione – ma con approssimazione realistica nei rapporti tra le varie categorie.  Degli 840 mila docenti che prestavano servizio nella scuola statale nell’anno scolastico 2007-08 (750 mila ordinari, più 90 mila di sostegno), circa 700 mila erano assunti a tempo indeterminato (di  ruolo). Dei restanti 142 mila, circa 22 mila erano assunti a tempo determinato annuale (ossia con un contratto da settembre a fine agosto successivo), mentre 120 mila lo erano a tempo determinato “fino al termine delle attività didattiche” (con un contratto da settembre a giugno). Considerando anche i 100 mila impegnati in supplenze brevi, il totale dei docenti precari che nel 2007-08 lavoravano nella scuola pubblica superava le 240 mila persone. Le cifre sono variate solo lievemente da allora, gli annunciati programmi di stabilizzazione sono in grande misura inapplicati – per mancanza di risorse, per grovigli amministrativi, per la costante ristrutturazione degli stessi istituti scolastici. 

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