Si
sapeva, ma qualcosa comincia a diventare materia penale, che i giudici si
vendono le loro indagini. Si vendono in senso improprio, non contro denaro, ma
compiono lo steso un illecito. Alla Procura di Caltanissetta che gli contesta
la pubblicazione sul “Fatto Quotidiano” di
alcune intercettazioni due giorni prima che le stesse venissero
trascritte e depositate, Ingroia non dice che non è vero. Obietta semmai che la
notizia dell’inchiesta a suo carico per l’anticipazione al “Fatto Quotidiano” sia
stata comunicata ai giornali prima che a lui.
C’erano
una volta i sottufficiali che si vendevano verbali e altri documenti riservati,
per denaro. Non chiedevano molto, spesso solo piccoli favori. Ogni cronista giudiziario doveva avere
di queste fonti da retribuire. Da trent’anni circa il piccolo mercato è stato
sottratto ai marescialli dai giudici, che ne fanno piattaforma per diventare
onorevoli. È quello che sta accadendo, per esempio, da una settimana a Bari, o
meglio a Trani, dove la locale Procura passa al “Corriere della sera”
quotidianamente, attraverso canali ben conosciuti, un’indiscrezione su Berlusconi
– sempre ipotetica, il cronista giudiziario in genere non è fesso, è solo un
delatore. L’unica
attività è ottenere ogni sei mesi un prolungamento delle indagini, per non
interrompere il flusso: più inadagini più indiscerzioni.
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