Destra-sinistra – “In Germania i
patrons votano a destra ma ringraziano la sinistra”,
titola “Le Monde Diplomatique” a commento del semi-plebiscito per Angela
Merkel. Anche i giornali di sinistra hanno “votato” Merkel, prima e, più, dopo
il voto.
Femminismo
– È
di Rousseau, afferma Nietzsche (“Il nichilismo europeo”, § 26, “I tre secoli”):
“Femminismo: Rousseau, regno del sentimento, testimonianza della sovranità
dei sensi, menzognero”. Il filosofo del Settecento, anch’esso femminile: “Il
diciottesimo secolo è dominato dalla donna,
è entusiasta, spirituale e piatto, ma con lo spirito al servizio delle
aspirazioni e del cuore; è libertino
nel godimento di ciò che c’è di più intellettuale, minando tutte le autorità;
pieno di ebrietà e di serenità, lucido, umano e socievole; è falso davanti a se
stesso, molto canaglia in fondo…”
Inquinamento
–
Della pestilente CO2 nell’atmosfera si accusano non precisate “emissioni
industriali”. Mentre è direttamente e
quasi esclusivamente legata all’automobile, al motore a scoppio. Ai mezzi in
circolazione, e alla industria di fabbricazione (meccanica, chimica). È la più
grande e persistente censura sul reale, dell’inquinamento come delle pesti
dell’epoca, i tumori e le insufficienze cardiorespiratorie: l’inquinamento è
cresciuto e si moltiplica con l’automobile, attraverso le polveri sottili, veicolo di ogni veleno di cui le sostanze detonanti abbondano.
Da un secolo e più, col motore a scoppio. L’era della
falsa velocità, dove si corre in folle. Da quando cioè, per il puzzo e il
rumore, i nervi malati, i tumori, gli scontri frontali, il motore a scoppio fu
preferito all’elettrico.
Non subito, non per programma, ma senza
dubbio. Gli inizi del motore a combustione interna furono lenti. Il kaiser, che invidiava tutto dei suoi parenti inglesi, fu
indifferente nel 1900 all’adozione dell’auto alla corte inglese. L’ingegner Benz
era sicuro che “non si faranno più di cinquemila macchine l’anno, non si
troveranno più di tanti autisti”.
Ma
non fu Benz, era stato Nikolaus August Otto a realizzare il primo, durevole,
perfino discreto e pulito quattro cilindri, “l’Otto muto”, a combustione
interna. L’ingegnere guadagnò tanto, coi motori a scoppio
stazionari della Otto&Cie, poi Gasmotoren Deutz, da consentire al direttore
tecnico Gottlieb Daimler, coi dividendi che gli pagava, di fargli una
concorrenza letale, riducendo l’ingombro e aumentando la potenza del motore:
con uno da mezzo CV dotò nel 1885 il primo motociclo, con uno da due CV il
rimorchiatore che nel 1888 portò il kaiser a spasso nel porto di Amburgo. Ma
già nel 1886 Karl Benz aveva costruito il primo autoveicolo, il motore Daimler
applicando a un triciclo. Nel ‘93 lo applicherà al carro, il quadriciclo
Velo da mille di cilindrata e 1,5 CV di potenza, e vinse la gara. Senza sapere che cambiava la sua e
la vita di tutti.
Erano
stati i francesi a puntare per primi sull’automobile, il vocabolario l’attesta:
automobile, chauffeur, garage,
debraiare, derapare. Ma furono i tedeschi a occupare l’autostrada: Daimler e
Benz.
Islam - La linea dell’islam non sale ma scende. Scende in Africa: in Sudan con
le armi del regime araboislamico di Khartum, nell’Africa subsahariana, dal
Senegal alla Tanzania, con i soldi dell’Arabia Saudita, scuole, cliniche,
moschee, e in Nigeria campi di polo.
Il fondamentalismo islamico è degli Usa, oltre che dell’Arabia. In
piccolo – nel Kossovo con Hashem Thaci, nel Libano – e in grande nell’Arco, o
Crescente, di Crisi una trentina d’anni fa, in Pakistan, in Afghanistan, e in
Iran, con la missione del generale Huyser, inviato da Carter
Le storie metropolitane sull’11 settembre vogliono gli attentati opera
di una mano segreta in Usa. Figurativamente è vero: gli attentatori lavoravano
con gli americani nell’Afghanistan sovietizzato. Lo stesso Osama bin Laden per
primo, come si sa, esponente di una famiglia che ha fatto fortuna in Arabia e
tuttora opera in società con i principi sauditi..
La Cattedrale era un riferimento centrale a Algeri ancora negli anni
Settanta, oggi è come se non esistesse. L’islam si chiude su se stesso.
Malgrado l’emigrazione di massa, l’espansione in Africa e il terrorismo,
l’islam non è un’invasione che minaccia ma un’implosione. L’incapacità di
gestire la politica di massa all’era dell’informazione. L’incapacità di
adeguarsi alla globalizzazione, unica area al mondo. L’incapacità naturalmente
di elaborare e proporre suoi propri modelli, in qualsiasi campo: non è un’area
di eccellenza per la quale il mondo debba fare ricorso all’islam. Ha il
petrolio e il gas, ma sono risorse naturali. Casuali, deperibili.
L’Arabia Saudita si propone oggi a Roma con una mostra al Vittoriano
come “La terra del dialogo e della cultura”. Era ancora ieri che vi si
condannava a duecento frustate, cioè a morte sotto tortura, una donna stuprata.
Fatto tanto più scandaloso in quanto non anormale, ma normale. In un paese cioè
che è da tempo normale, vicinissimo all’Europa, non solo geograficamente,
essendo ad essa legata dal cordone ombelicale dell’energia, degli investimenti,
delle scelte politiche. È dell’islam come dell’Arabia Saudita, vicino e anzi
incombente e remoto.
L’islam non è lontano, essendo nel Mediterraneo e in Medio oriente. Si
può dire che è in Europa, lo era, ben prima dell’arrivo dei profughi derelitti
dal Nord Africa, dall’Afghanistan, dall’Irak, dalla Siria. O comunque le è
accanto. Se ne è staccato con la radicalizzazione religiosa degli ultimi
trent’anni, quando il movimento invece si sarebbe pensato convergente.
astolfo@antiit.eu
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