Wilde superuomo,
o il socialismo egoista - Per un socialismo egoista - Con l’originale inglese.
La proprietà,
“nell’interesse dei ricchi, dobbiamo sbarazzarcene”. Potrebbe essere il
manifesto del socialismo (“o comunismo, poco importa come si sceglie di
chiamarlo”) “dopo la caduta”, del Muro.
Del vero
socialismo che è egoismo, seppure sano. Di Oscar Wilde superomista. Contro lo Spencer, non citato,
dell’evoluzionismo sociale – contro cui nello stesso tempo Nietzsche si batteva
nella “Gaia scienza”, § 373, del “disgusto” alla tardiva riconciliazione tra
«l’egoismo e l’altruismo»”.
Wilde si
conferma anche qui il superuomo vivente, che Nietzsche ipotizzava e non seppe
essere, prude e imbranato. Della pietà e la compassione
vivendo, prima ancora di teorizzarla, la falsità: “È immorale usare la
proprietà privata per alleviare i mali terribili che derivano dall’istituzione
della proprietà. È immorale e disonesto”. Rifacendo senza saperlo il Nietzsche
del superuomo - a meno della sottovalutazione dell’opinione (ma comune è il
disprezzo): il suo socialismo è ben il superomismo. Senza offesa: la
realizzazione piena, libera, dell’individuo.
Il vantaggio
principale del socialismo è all’esordio: “Sarebbe indubbiamente di liberarci
della miserabile necessità di vivere per gli altri”. Con la subordinata: “La
maggioranza degli uomini si rovina la vita con un altruismo malsano e
esagerato”. La seconda pagina sembra mirata alla correzione politica che i belli-e-buoni della
Repubblica ci infliggono: “È molto più facile avere simpatia per la sofferenza
che simpatia per il pensiero”. Senza scherzo: “La carità crea una moltitudine
di vizi”. E senza timori, per l’epoca autoritaria, vittoriana, guglielmina (che
durerà ancora un secolo): “Molte teorie socialiste sono inficiate da idee di
autorità, se non di vera e propria costrizione”.
Un’edizione
preziosa – con l’inglese a fronte – di un testo filosofico. Molto, più di molte
filosofie dichiarate. Uno Spinoza libero come Nietzsche, ma col sorriso,
sornione. Un testo molto utilizzato dall’accusa al processo, immorale quindi. A partire dall’interesse ben
considerato, con l’Imu e anche senza – Carlo Emilio Gadda ci scriverà sopra il
suo doloroso capolavoro: “Se la proprietà comportasse semplicemente dei
piaceri, potremmo conservarla; ma i doveri che essa implica la rendono
insopportabile”. Da qui il nostro incipit. I doveri sociali? Non se
giustificano la proprietà. La mutua riconoscenza? “I poveri migliori non sono
mai riconoscenti: sono ingrati, malcontenti, insubordinati e rivoltati. E hanno
tutte le ragioni di esserlo”. Lo Stato? “Lo Stato deve occuparsi dell’utile,
l’individuo del Bello”. I poveri? “C’è una sola classe della società che si
preoccupa del denaro più dei ricchi, e sono i poveri”. Bene argomentando anche
l’impossibile: “Meno castighi, meno crimini”. Con qualche dubbio: “Ogni
simpatia è bella, ma la simpatia per la sofferenza ne è la forma meno bella”? O
la poesia affrancata dalla povertà. Questo anzi non è vero. Anche se, è vero,
“Byron, Shelley, Browning, Victor Hugo e Baudelaire non hanno mai effettuato un
solo giorno di lavoro salariato”. Ma com’è remoto il rifiuto del lavoro.
Oscar Wilde, L’anima dell’uomo nella società socialista,
Gwynplaine, pp. 134 € 12
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