Folla
come sempre all’una a Roma davanti all’ospedale Regina Margherita, alla fermata
del 44 che non passa mai. Il 44 è l’unico autobus che serve Monteverde, un
quartiere di 200 mila abitanti, e ogni giorno a quest’ora ci raccogliamo nell’attesa
in un centinaio. Affollati oggi sotto la pensilina perché piove. Anche se la pensilina
lascia filtrare la pioggia. E come sempre disciplinati, nessuno protesta.
Giusto alcune signore in età si dolgono di non aver potuto andare alla camera
ardente di “quel regista”. Di cui non sanno il nome ma che in quanto compagno
ritenevano evidentemente di dover onorare. Noi restiamo in attesa per 48
minuti, le signore della camera ardente erano già lì.
Quando
il 44 arriva è già pieno. Ma non fa niente, ci pigiamo. Troveremo anche posto
per i ragazzi delle scuole, che a quest’ora già tornano a sciami. Il tempo è
con noi, in un quarto d’ora riusciamo anche a fare le quattro fermate che
mancano all’arrivo, alla farmacia di via Carini. C’è solo da aspettare, che le macchine in doppia
fila abbiano spedito le ricette, e consentano al 44 di girare. All’uscita
dal bus i cassonetti della spazzatura si adornano di sacchetti ammonticchiati ma
non ci adontiamo: oggi piove e non puzzano, e comunque il più è fatto. Il
percorso utile del 44 non è lungo, meno di un chilometro, ma il dislivello è di
100 e qualche metro, non si può scarpinare.
Noi
di Monteverde siamo un quartiere di media borghesia, che però – o per questo –
non si lamenta. Siamo anzi il quartiere più a sinistra di Roma: a ogni elezione
la lista e il candidato del Partito vincono al primo turno, al municipio XVI
che ci governa e al Comune. Lo siamo fermamente ormai da cinque-sei elezioni,
diciamo da trent’anni. Ma questo non c’entra, ci fregiamo di tre o quattro
parchi pubblici, col record mondiale di spazi verdi per abitante, e la gloria ci
basta.
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