È la raccolta di testi e frammenti in
cui Nietzsche fa riferimento a Leopardi, che lesse presto, sia le poesie che le
prose, e sempre apprezzò: era per lui il “poeta filologo” per eccellenza, e
anche filosofo, nonché “il più grande prosatore del secolo” – insomma un altro
Goethe. Anzi, per la perfezione assoluta dell’espressione, pari al musicista
che la incarna, uno Chopin della scrittura.
Una lettura per vari aspetti
emozionante. Con l’assillo sempre di cosa sarebbe stato Leopardi in altra
cultura, fuori cioè dalle beghe italiane, di clericali, anticlericali, reazionari,
rivoluzionari, etc. Nella edizione del Melangolo arricchita da tre saggi, di
Cesare Galimberti, Gianni Scalia e Walter Friedrich Otto – una prolusione del
1942, insuperata, di un leopardiano. E con un ricchissimo apparato di
riferimento, opera di Galimberti, che rintraccia anche gli echi di Leopardi in
Nietzsche, delle “Ricordanze”, del “Vincitore”, etc., là dove il nome non
ricorre.
Nietzsche e Leopardi è tema antico,
vivente ancora Nietzsche. Trascurato naturalmente, in mezzo al resto, dalla Repubblica
nel suo invadente e inalterabile chiacchiericcio, una storia di ormai settant’anni
di vuoto degli studi. Galimberti, leopardiano esimio ancorché isolato, l’ha
ripreso con taglio filosofico, mettendo in relazione i due “pensatori”. Il
titolo, “Intorno a Leopardi” invece dell’ovvio “Su Leopardi”, spiega con l’esigenza
di “far notare come, intorno a
considerazioni su di lui, Nietzsche concentrasse organiche serie di considerazioni
su temi essenziali”.
Una lettura lieve e densa, corroborante.
Alla filologia di Galimberti, sulle affinità e le distanze, affiancandosi
quella ermeneutica di Otto sul pessimismo. Una trattazione anche anomala, forse
unica, e per questo tanto più stimolante. I due grandi pessimisti essendo in
realtà fervidi cultori della vita come bellezza e arte - le “illusioni” di Leopardi come creazioni
fantastiche. La natura è creatrice. La volontà, che Schopenhauer richiude nello
sconforto, è con Leopardi-Nietzsche “l’artista primigenio del mondo”. Con una
differenza: “In Nietzsche”, nel secondo Nietzsche, “parla un’incredibile volontà”,
nell’alveo sempre dell’idealismo, quasi costruttivista se non sistemica. Mentre,
“di fronte a questo idealismo prettamente tedesco, Leopardi ci appare – anzi,
in generale si potrebbe dire ogni vero poeta – come una fioritura di bellezza,
avvolta dalla morte: malinconicamente lieta”.
Friedrich Nietzsche, Intorno a Leopardi
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