Una storia d’amore tra due solitari, dai
sentimenti limpidi, nelle fasi finali della guerra. La vecchia storia d’amore aggiornata
- il bosco, il castello, il re buono, il principe avventuroso, la presenza che
si nasconde e si manifesta, il male in agguato. Una storia “diversa” della
Resistenza, degli anni vissuti tra occupazione e liberazione, una delle varie
forme di resistenza tra sbandati per sopravvivere. Qui col richiamo all’amore.
Di “una povera pazza”. Una storia di tenerezza rappresa, Che si conclude con un
“Eravamo felici, quando..”. Finita la guerra, un gruppo di liberatori ladri,
stupratori, assassini cancelleranno l’apparizione. Che però rivivrà nel
ricordo.
Una storia d’amore insolita. Dell’amore,
si può dire, più forte della morte. Ma non per Landolfi, narratore estroso,
fuori norma. Un laureato in letteratura. Una storia d’amore è insolita anche
per lui. Il racconto, uscito a caldo nel 1947, portò molti amici di Landolfi a
ricredersi, quelli che ne avevano vissuto la fioritura a Firenze negli anni
prima della guerra – Landolfi, che Adelphi ora ripropone al avsto pubblico per
la cure della figlia Idolina, è stato, è, uno scrittore per scrittori, ma
allora fedeli. Che la sua scrittura sghemba, avulsa, ricercata, assimilavano a
una sorta di riserva frigida, da costruttore di “maschere cerebrali” (Gadda). O,
Carlo Bo, da scrittore che si è ristretto, dalla “foga balzacchiana” alle
alchimie di testa.
Bo, fra tutti a Landolfi più vicino,
fece atto di contrizione nel 1975 presentando la riedizione del racconto: il “mistero”
di Landolfi “sta nell’uomo che Landolfi non ha voluto essere ma ha dovuto
essere”. Per il quale la scrittura, come il casinò, ha finito per essere
temporaneo sollievo e uscita d sicurezza. Bo si spinge fino a individuare un
“romanticismo landolfiano”, intendendo forse un italico maledettismo. Ma anche
in questo racconto quasi sentimentale Landolfi scrive sempre rapido e sfuggente,
inconclusivo – poi si sarebbe detto aperto. Voleva essere libero dalle rogne e
scrittore, e visse per sopravvivere. Questo sarà stato il suo dramma personale,
il suo “mistero” (e degli altri scrittori no?), ma scrisse come voleva. Benché
di lingua qui posata, in pace con se stessa. Uno dei pochi racconti “umani”, di
Landolfi – l’unico forse, a parte quelli semiautobiografici sul gioco.
Tommaso Landolfi, Racconto d’autunno, Adelphi, pp. 132 € 12
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