“Nessuno combatte per la Libertà o per
il Diritto! Tutti combattono per paura degli altri!” In questo “Ultimatum” alla
“Lilliput-Europa”, una trentina di pagine del 1917, nella “guerra dei pigmei”, ultimatum
nominale, di persone e nazioni, Álvaro de Camos-Pessoa, autore e personaggio burlesco,
è profeta drammatico dettagliato di un Novecento che sarà poi effettivamente l’ultimo
secolo dell’Europa. Tra le rovine, di “radicali del poco”, “giganti del
formicaio”, “decigrammi dell’Ambizione”, e “imbelli con l’urgenza di essere gli
isti di qualche ismo”, mai trahison des
clercs fu più precisa. Con l’albagia,
non si dimentichi, del Superuomo in cui Álvaro-Fernando s’impersonano, con i
deprecati D’Annunzio e Wilde – gli saranno fischiate le orecchie al povero Nietzsche.
“Nel 1979,” ricorda Calasso celebrando ieri
i 50 anni di Adelphi con Ranieri Polese sul “Corriere della sera”, “il Pessoa
curato da Antonio Tabucchi passa inosservato: una sola recensione, di Pontiggia,
che però era un nostro collaboratore”. Era un’Italia migliore? “Se ne accorsero
solo le Br”, continua Calasso, con un articolo su «Controinformazione» che
usava Pessoa come prova dell’orientamento reazionario di Adelphi”. Un apologo
che dice molte cose sulle Br, gente che leggeva anche se male, e sul Pessoa-Tabucchi
che solo Adelphi riconosceva. Ma poco dopo lo spasso era generale, questa
nutrita compilazione di Ugo Serani per la bibliotechina del Vascello è ancora
piena di umori. Compresi, come Álvaro-Fernando voleva nell’“Abolizione del
dogma della personalità” a corredo dell’“Ultimatum”, quelli dei lettori – è il
lettore che fa l’autore, etc.
Fernando Pessoa, Ultimatum (e altre esclamazioni)
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